I cinesi stanno sempre più e sempre più gran numero trovando nell’Africa un continente da visitare, un posto dove andare a vivere, dove andare a lavorare, dove andare commerciare. È stimato che 1 milione di cinesi siano ora residente in Africa. Questo dato è notevole se confrontato con le poche migliaia che vi abitavano 10 anni fa.
I cinesi amano visitare il Sudafrica principalmente, anche se non disdegnano gli altri stati come ad esempio la Nigeria e il Congo. Li segue il nuovo presidente della Cina, XI Jinping, che molto significativamente è andato in Tanzania e nella Repubblica del Congo come primi impegni all’estero nella veste di nuovo leader del dragone.
Le origini del fascino che l’Africa ha sulla Cina sono facili da individuare. Tra il deserto del Sahara e del Kalahari ci sono numerose materie prime necessarie alle industrie. La Cina ha recentemente superato l’America come più grande importatore netto di petrolio. Circa l’80% dell’import cinese dall’Africa è costituito da minerali e da prodotti ad esso correlati.
La Cina è il principale partner commerciale dell’Africa, visto che si parla di un giro d’affari di 166 miliardi di dollari. Ma questo a differenza di quello che si pensa non è costituito solo da materie prime e da prodotti derivanti dalle miniere. Gli export verso l’Africa sono ormai piuttosto variegati: ad esempio le apparecchiature e i macchinari costituiscono il 29% del totale.
La quantità di investimenti diretti in Africa da parte dei cinesi è difficile da misurare. L’estate scorsa il ministro del commercio cinese, Chen Deming, ha detto che il volume di questi investimenti è di 14,7 miliardi di $, con un aumento del 60% dal 2009. Negli stessi giorni, l’ambasciatore cinese in Sudafrica ha detto che gli investimenti cinesi in Africa si aggirano attorno ai 40 miliardi di dollari. Quanto detto da Chen Deming fa riferimento agli investimenti riportati dal governo cinese. Il secondo dato invece include una stima basata sull’afflusso di fondi in Africa calcolato in base alle tasse generate.
E’ chiaro quindi come il link Cina-Africa stia diventando sempre più significativo e sempre più forte nel tempo. Il legame si sta modificando come si sta modificando l’Africa. La debolezza nell’Africa sta però nel fatto che Mr Xi sta cercando invano da tempo un leader africano che possa parlare per i diversi stati, una specie di unico numero da chiamare quando si vuole parlare di commercio e di regole. Questo probabilmente è uno dei punti di maggiore fragilità dell’Africa, che alcuni Stati stanno cercando di superare unendosi dal punto di vista monetario e facendo una valuta africana. Una sorta di piccola e semplice unione europea in salsa africana.
La Cina quindi dovuto scegliere, non avendo un interlocutore unico, e ha deciso di concentrarsi sui paesi con le maggiori risorse: Algeria, Nigeria, Sudafrica, Sudan, Zambia. Stanno però avendo un’attenzione sempre crescente paesi come Etiopia e Congo, dove i minerali sono scarsi e difficili da estrarre, ma dove è possibile creare attività non strettamente correlate all’estrazione o alle commodities. Aziende governative competono con i privati, attratte dai profitti. Anche i fondi di investimento di tipo private-equity cinesi stanno iniziando a investire in Africa.
Gli africani stanno assecondando questo processo. I loro governi hanno mostrato una sorprendente disponibilità verso questi nuovi flussi cinesi e verso queste nuove aziende. A dimostrazione di questo, la prima persona che è stata espulsa dal più giovane Stato africano, ovvero il sud Sudan, è stato un cinese: è stato accusato di aver effettuato una truffa per 815 milioni di dollari di petrolio. Il Congo ha cacciato due trader cinesi, specializzati in commodities.
Le classi sociali africane più elevate, vedono la Cina come il più grande partner all’interno dei paesi emergenti. Ma sicuramente non lo considerano il solo. Brasile, Russia e India, come del resto anche la Turchia e la Sud Corea, stanno seguendo il percorso della Cina. Le compagnie indiane fanno un terzo dei loro utili mediante commerci con l’Africa e alcuni sostengono che questo valore aumenterà a 50% in pochi anni. Non è un caso che il 26 e 27 marzo 2013 i leader dei BRICS si siano incontrati in Sudafrica, all’interno del continente in cui sono tutti in massima competizione.
L’immagine della Cina in Africa, inizialmente vista con sospetto, è cambiata. In alcuni Stati inizialmente erano state attivate regole di protezionismo, restringendo mediante leggi le industrie o aree nelle quali i cinesi potevano operare. Poi gli stati hanno iniziato a ritenere più importante il valore aggiunto dato dai cinesi, creando lavoro, trasferendo competenze e spendendo soldi nelle economie locali. Questi cambiamenti
sono stati più evidenti la dove c’erano i più forti oppositori all’avvento dei cinesi. Ad esempio il presidente dello Zambia, un critico verso i cinesi di lunga data, ha cambiato completamente il suo punto di vista tanto è vero che ha rimosso il suo ministro del lavoro perché non aiutava gli interessi cinesi e indiani nel commercio con il suo stato. Ed ha anche inviato il suo vicepresidente in Cina per creare un’alleanza tra il suo partito politico e il partito comunista cinese.
Dal punto di vista politico l’arrivo dei cinesi non ha cambiato l’assetto africano. La Cina ha semplicemente chiuso un occhio per quanto riguarda gli abusi sui diritti umani, e non ha tentato in nessun modo di cambiare le istituzioni democratiche dove le trovava. Ad esempio in Zimbabwe ha collaborato attivamente con il presidente Mugabe ma anche intessuto rapporti con il movimento all’opposizione invitando i loro leader a Beijing.
Anche altre paure riguardo la Cina, come ad esempio che potesse creare dei conflitti armati, sono finite nel nulla. La Cina addirittura occasionalmente ha cercato di essere un pacificatore, ovviamente mossa dei propri interessi. È chiaramente più facile fare business in Stati senza guerre. Il Sudan e sud Sudan sono entrambi dei forti partner commerciali cinesi. Quando le cose sono cominciate precipitare e si rischiava una guerra, la Cina è intervenuta diplomaticamente con tutto il suo potere per calmare le acque, riuscendovi.
Sono dnlle più grosse economie africane la Cina è meno popolare. Questo chiaramente perché è vista come un competitor. Il presidente del sud Africa, che ha coltivato contatti cinesi per diversi anni, è stato costretto dalle forze interne a cambiare posizione nell’ultimo anno. In Nigeria il governatore della Banca centrale ha recentemente accusato i cinesi di voler colonizzare l’Africa. Gli altri Stati africani adiacenti hanno sorriso davanti a queste dichiarazioni, visto che erano state fatte proprio dagli Stati che negli anni precedenti avevano mostrato in Africa i muscoli e avevano colonizzato commercialmente gli Stati vicini.
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fonte:economist
traduzione: borsadocchiaperti
Concludendo, la mano lunga dei cinesi si sta muovendo anche in un continente che sembra ai margini del mondo capitalistico ed economico. Tutti pensano che si tratti di mera colonizzazione e di sfruttamento di risorse, ma in realtà l’impressione più profonda è che l’Africa si stia progressivamente amalgamando con la Cina. Nel percorso di potenziamento del colosso cinese, questo è sicuramente un passo importante che può aggiungere un tassello alla possibile nuova era mondiale: dopo il periodo dello strapotere inglese e dopo quello americano, potrebbe esserci quello cinese.
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“Simply put, a financial crisis doesn’t happen accidentally, but follows after a prolonged period of excesses.” M. Faber