Perchè l’Europa in questo momento si trova in una posizione più debole rispetto agli Stati Uniti?
La strada del protezionismo (perchè su questo è giusto accentrare l’attenzione nei prossimi mesi) tutt’altro che definita, immaginata dall’amministrazione Obama non può essere attuata con la stessa determinazione dall’Ue, a causa dell’eterogeneità politica che la caratterizza.
Quello che sta accadendo in queste settimane, dal caso Grecia alle cattive prospettive di Spagna, Portogallo e Italia è la conferma di quanto, da sola, l’unione monetaria sia un mezzo insufficiente a creare quella stabilità, acclamata da tutti i paesi europei, fin dai primi anni del secondo dopo guerra. Ad oggi potrebbero esserci due strade ben precise, per un’Unione più forte anche politicamente:
1) Cercare una convergenza tra i paesi, in favore di unione federale in stile Usa.
2) Dirottare i paesi più deboli verso una moneta secondaria, sempre in qualche modo legata all’Euro.
Al momento non credo che si sia scelto nessuna delle due strade. Il fatto che i problemi, per la sua grandezza, sembrino estremamente risolvibili (la Grecia ad esempio ha un 1/5 del Pil italiano) agli occhi dei grandi banchieri, spinge le autorità a rimandare i problemi, che puntualmente si ripresenteranno in modo peggiore. Questo, permetterà una svalutazione della nostra moneta, con conseguenze inflattive che preoccuperanno non poco la nostra Bce.
Gli Stati Uniti ad oggi sembrano molto chiari sul da farsi: tutelare prima di tutto gli interessi propri. Questi riguardano prima di tutto gli interscambi commerciali e di conseguenza il lavoro
Si parte con l’insistere sulla rivalutazione dello Yuan per riscaldare il clima, al fine di giustificare mosse più concrete e vantaggiose, come per esempio i dazi, già messi in pratica su alcuni prodotti.
Figurarsi se l’Europa può permettersi di prendere iniziative del genere.
L’unica arma che al momento l’Europa cercherà di utilizzare sarà quella della svalutazione competitiva, che potrebbe in qualche modo frenare il proprio degrado, ormai cronico nei confronti di quei paesi che mal volentieri rispettano i diritti del Wto. Poca cosa quindi, visto che una politica difensiva a tutela degli interessi interni, avrebbe efficacia solo con misure ben più visive.
Ecco pertanto spiegato lo scarso interesse nei confronti dell’area Euro.
E’ bene sottolineare comunque che un atteggiamento protezionista non ha mai portato a conseguenze positive sui mercati, se guardiamo al passato. E’ anche vero che le amministrazioni occidentali fino ad oggi le hanno provate proprio tutte, prima di passare all’ultima fase. L’unico risultato ottenuto è stato quello di delocalizzare la produzione, fino a raggiungere punte di disoccupazione che in alcuni casi sfiorano il 20% come ci insegna la Spagna.
In questa fase quindi, credo sia essenziale, prima di tutto fare una mappa dei paesi maggiormente a rischio, nel caso di misure protezionistiche. La Cina è ovviamente il paese che potrebbe subire maggiormente, mosse di questo genere, ma con essa tutte quelle aziende che hanno troppo sbilanciato la loro produttività in questi anni, attratte da numeri colossali, di un paese che in passato non ha mai fatto sconti a nessuno. E’ sotto gli occhi di tutti che lo Yuan dovrebbe essere rivalutato non del 5% ma del 50% contro il Dollaro. Questo non sarà fatto per il semplice motivo che la Cina è obbligata a crescere ad un ritmo superiore del 6%. Una crescita sotto tale livello, per una serie di meccanismi, legati alla popolazione, all’inflazione e alla modernizzazione, costituirebbe una seria minaccia per la stabilità interna.
Ad oggi il sistema sembra troppo legato alla Cina, visto che i nostri buon governanti occidentali vedevano in essa la terra dell’oro. Il vento comunque sta cambiando dal basso, e proprio da quel paese che per oltre 80 anni ha guidato l’economia mondiale e dove, soprattutto, la democrazia è stata alla base di tutto.