MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

“Prevedere il 2010 al momento, sarebbe un’impresa difficile anche per coloro che stanno dentro la stanza dei bottoni, come Bernanke e Obama, i cui dati e mezzi a disposizione non sono i miei nè di qualsiasi altro che ha la pretesa di prevedere il futuro. Di questo ce ne dobbiamo noi tutti rendere conto. Tuttavia possiamo analizzare dei dati oggettivi sui quali formulare alcune opinioni, sempre che la logica abbia un senso per quanto riguarda il mercato azionario”.
Questa era la premessa che avevo fatto lo scorso anno, prima di elaborare delle previsioni che tanto fuori dal vaso non sono andate, se escludo gli elementi esogeni arrivati proprio da coloro che nella stanza dei bottoni ci sguazzano da tempo, vedi QE2.
In particolar modo mi dovevo scontrare con una serie di analisi very-bullish, che per il 2010 descrivevano un quadro idilliaco, dimenticando i problemi dai quali i mercati e l’economia stessa erano venuti. Quadro tanto idilliaco, che si è dovuto nuovamente bussare nella seconda metà dell’anno, alla Fed-Tipography perchè questa ci inondasse di liquidità, favorendo così una ripresa dei principali asset.
Per coloro che hanno trascurato le insidie che stavano dietro ai mercati finanziari, bevendo quindi la storiellina della ripresa a V, i primi sei mesi del 2010 saranno ricordati come il periodo del panic-selling più infuocato, con il quale sembrava ripetersi lo scenario post-Lehman. Cosa ben diversa, invece l’aver preso tutte le precauzioni del caso fin dall’inizio del corrente anno, senza poi incorrere nel tifo da stadio in favore del catastrofismo.
Complimenti a chi (e ci metto pure il sottoscritto) in situazioni di difficoltà dei mercati ha pensato più al bicchiere mezzo pieno, piuttosto che vuotare la poca acqua rimasta, cavalcando o sperando nell’onda del black out totale.
In breve vorrei riassumere i fatti più importanti avvenuti nel 2010, in quanto una bella fotografia aiuta a renderci meglio l’idea di quanto ci possa attendere nel 2011:
  1. QE2: con questa sigla si riassume semplicemente la seconda fase di interventi monetari della Fed, avvenuta nella seconda metà del 2010. Voglio ricordare che ad inizio 2010, le previsioni erano talmente positive e superficiali che si dava per scontato l’inizio di una exit-strategy, che ufficialmente sarebbe dovuta iniziare a Marzo con la fine degli acquisti sugli MBS. In quel periodo infatti, qualcosa del genere è accaduto, ma la Fed ha dovuto velocemente ricredersi, dopo che i mercati avevano fatto vedere la loro vera natura. Così da fine giugno si è iniziato a considerare nuovi acquisti di Titoli di Stato americani, accelerando ai primi di novembre, quando la Fed ha annunciato un nuovo programma di sostegno per 900 mld. La cifra pertanto messa a disposizione da Bernanke a sostegno del sistema ha raggiunto la modica somma di 3000 mld, pari al 25% abbondante di tutto il debito pubblico americano. Vorrei sottolineare che personalmente (per essere sincero) tutto avevo considerato (ad inizio 2010 ovviamente) meno che si facesse il contrario di una exit strategy annunciata. Non oso pensare a cosa sarebbe successo sui mercati, qualora Bernanke non avesse ricominciato, per la seconda volta in una anno, a ristampare bigliettoni verdi. Riassumere il passato, personalmente, lo trovo molto costruttivo, in quanto ci aiuta in particolare, a misurare la credibilità, di coloro che in teoria dovrebbero rappresentare delle guide indiscutibili del sistema. Proprio gli stessi invece, hanno mostrato un’attendibilità di giudizio e di previsione pari a zero, spesso in mala fede, oltre che a dimostrarsi i più assidui “giocatori” del sistema. Credo proprio sia essenziale inquadrare i partecipanti al gioco e soprattutto chi lo guida, al fine di raggiungere la meta.
  2. Problema dei debiti pubblici. Tradotto in un termine: PIIGS. Nel 2010 abbiamo potuto appurare l’importanza di non essere caduti nella trappola dei rendimenti elevati. L’investimento in titoli a tripla A rappresenterà una costante anche per il futuro e non mi stancherò mai di consigliarla. Cresce costantemente infatti, la consapevolezza che alcuni paesi hanno già intrapreso la strada del non ritorno e che prima o poi qualcuno sarà costretto a rinegoziare il proprio debito. Solo in quel momento mi sentirei di valutare una maggiore diversificazione. L’Europa sembra essere l’area più vulnerabile difronte alla problematica del debito pubblico, principalmente per due fattori: 1) Mancanza di un’omogeneità politica e sociale. 2) Approccio interventista della Bce diverso da quello Fed. Questo punto è una conseguenza del primo. Gli Stati Uniti, fino a che non vedranno un’economia che si reggerà da sola, non smetteranno di stampare moneta (inflazione permettento) e il tesoro potrà contare su questo, per collocare il proprio debito. Non a caso sono stati rinnovati sgravi fiscali pari a 900 mld. L’Europa invece sta muovendosi alla vecchia maniera, chiedendo ai paesi bisognosi di interventi (che sono poi quelli a crescita zero), delle politiche talmente rigorose, che finiscono per aggravare il quadro economico già all’osso, creando tensioni finanziarie e sociali poco simpatiche. Hai voglia a stanziare 700 mld di euro, con l’aiuto del Fmi e di paesi Ue che si indebitano a sua volta per combattere il fantasma della speculazione……è l’ora di stampare anche qui, ma la macchina è inceppata da anni, dalla politica e dagli interessi di parte.
  3. Convergenza tra emergenti ed emersi. Nel 2010 abbiamo assistito ad un fatto storico, quando la Cina ha superato in termini di Pil il Giappone, diventando la seconda potenza mondiale. Il ritmo di crescita in Asia ha sfiorato il 9%, in Brasile il 6%, mentre Usa, Germania e paesi europei nordici guidano la lista dei paesi emersi, con un rialzo del Pil compreso tra il 3,5 e il 3 percento. Il resto degli altri paesi viene staccato nettamente con Italia e Giappone che crescono rispettivamente dell’1,1 e dello 0,9 percento. Chi se l’è cavata ancora peggio, tuttavia, sono stati la Grecia (-4%), l’Irlanda, il Portogallo e la Spagna, i cui ritmi di crescita sono stati i più bassi d’Europa. I paesi emergenti, che insieme arrivano all’90% del Pil americano e all’ 80% di tutta l’Unione Europea, sono stati la locomotiva che ha permesso a Usa e Germania di cogliere le migliori opportunità e che allo stesso tempo hanno tenuto in vita altri ormai da tempo alla canna del gas. Se fotografiamo l’economia globale attuale con quella di dieci o addirittura venti anni fa, possiamo rallegrarci, non fosse altro per la sua eterogeneità geografica. Ciò ha contribuito e non poco ad alleviare le problematiche finanziarie di Usa (in fase ormai cronica di deleveraging) e di Europa, i cui consumi presentano una dinamica poco serena. In ogni caso la crescita verticale degli emergenti, avvenuta negli ultimi due anni, lascia aperta la strada a futuri, inevitabili e necessari consolidamenti, come la storia spesso ci ha insegnato. Quando questo consolidamento avverrà non è dato a sapersi.
  4. La corsa all’oro: il 7 dicembre 2010 è stato segnato un nuovo record storico per l’oro a 1431 dollari per oncia. Questo che si conclude è il decimo anno consecutivo di rialzo per il metallo giallo. I motivi di una sequenza tale sono molteplici: politica monetaria espansiva, necessità di diversificare le riserve dei paesi con forti avanzi commerciali (India e Cina), speculazione, deficit statali sempre meno credibili e cigliegina sulla torta QE1 e QE2 che hanno creato forti aspettative inflattive in ottica di medio termine. Una fase toro sull’oro come quella vista negli ultimi anni non può che essere sostenibile con un’inflazione tra il 5 e il 10% nei prossimi anni. Non lo dico io, lo dice la storia. Con questo pertanto vorrei imprimere la parola inflazione fra le variabili più importanti del prossimo anno, che per molti paesi si tradurrebbe più precisamente in stagflazione.
A mio modesto parere fare delle previsioni per il 2011 è tanto difficile quanto inutile per la complessità in cui ci troviamo. Osservo uno spudorato ottimismo, ovunque si consulti qualsiasi giornale o sito internet specializzato. Non trovo quasi per niente previsioni negative e questo dovrebbe far riflettere sul rischio derivante dal fattore imprevedibilità.
L’ottimismo può riassumersi in alcune certezze che i mercati hanno dato per acquisite:

  1. Proseguimento QE2 e di conseguenza tassi bassi.
  2. Crescita mercati emergenti, anche se a ritmi più frenati.
  3. Risultati societari sempre positivi.
Queste aspettative spero che non verranno deluse nel corso del 2011. Personalmente, invece, preferisco immaginare quali possano essere i fattori imprevisti, ma altamente possibili, capaci di destabilizzare i mercati, al fine di ridurre il più possibile il rischio. Fra questi metterei:

  1. Inflazione: sbalordisco nel vedere il rialzo delle materie prime, energetiche e non, negli ultimi due anni. Tradotti in euro l’indice Crb non energy ha messo a segno un rialzo del 30% nel 2009 e del 40% nel 2010, mentre quello energy è salito del 28% nel 2009 e del 25% nel 2010. Forse dovrei pensare alla deflazione, oppure ad una crescita moderata dei prezzi? Io credo che le possibilità che si realizzi uno scenario del genere siano pari a quelle di una nevicata in Sicilia nel mese di agosto. Tensioni inflazionistiche le vediamo già da ora nei paesi caratterizzati da buona crescita, come Cina, India e Brasile, i quali da tempo stanno già tirando il freno per evitare un surriscaldamento dei prezzi. In Cina ad esempio l’inflazione si attesta intorno al 5,6, ma se andiamo a vedere i beni di prima necessità, questi hanno messo a segno rialzi ben superiori al 10%. Ciò nonostante un’economia ben controllata dalle autorità governative. Il livello dell’inflazione, rappresenterà nel bene o nel male l’elemento determinante della politica monetaria della Fed e soprattutto della Bce. Mercati troppo distratti in favore di un proseguimento del QE2 o addirittura di un nuovo QE3 potrebbero rimanere altamente delusi, con conseguenze poco rassicuranti, soprattutto per quei settori tenuti in vita, proprio grazie agli sforzi delle autorità monetarie. Un’inflazione elevata, potrebbe essere uno dei veicoli per ridurre il debito reale di alcuni paesi, ma ciò darebbe allo stesso tempo un’accelerazione al processo di rientro, dando vita a politiche fiscali più rigorose. Alta inflazione significa impossibilità di tenere i tassi sui livelli attuali, con conseguenze negative sulla redditività delle aziende e soprattutto sulla capacità di spesa e di rientro dei paesi maggiormente indebitati, che al momento rappresentano la maggioranza. In ogni caso, se l’inflazione sarà accompagnata da un risveglio dell’occupazione, Bernanke avrà tutte le carte per meglio pilotare l’economia verso l’uscita dal tunnel.
  2. Insolvenza: il 2010 ha visto sicuramente un deterioramento della credibilità di alcuni paesi a maggior debito, incapaci oltretutto di crescere a ritmi accettabili. Già da oggi Grecia e Irlanda pagano spread sui tassi vergognosamente insostenibili a medio termine. Un’aumento dell’inflazione oltre misura finirebbe per accendere dei campanelli di allarme troppo pericolosi, anche per Portogallo, Spagna e soprattutto Italia. Proprio questi paesi negli ultimi mesi, sono stati i più colpiti, da un cambiamento della curva dei tassi, che ha visto salire i rendimenti delle scadenze superiori ai 5-7 anni. I mercati infatti, da un lato sembrano subire un’avversione al rischio paese sempre maggiore, ma questa volta l’occhio sembra cadere anche verso il rischio tassi. Nella media i titoli di stato superiori ai 5 anni, negli ultimi due-tre mesi hanno vanificato i rialzi del 2010, chiudendo addirittura in negativo anche se comprendiamo le cedole incassate. Questo potrebbe essere un primo avvertimento. In ogni caso, credo che il 2011 presenti maggiore avversità rispetto al 2010, sotto l’aspetto del rischio paese, proprio in funzione di tassi più alti.
  3. Consumi: ben sostenuti a livello mondiale e a dir poco sorprendenti negli Usa. Soffre invece l’Europa. Se da un lato giustifico la crescita dei consumi nei paesi emergenti, dall’altro rimango esterefatto da come si sia mossa la dinamica dei consumi americani. La politica fiscale molto generosa, accompagnata da una stabilizzazione del mercato immobiliare grazie al QE2, oltre che ad una rivalutazione del mercato azionario, credo siano stati gli elementi principali di una crescita della spesa privata (anche se a ritmi modesti). L’anno scorso avevo ipotizzato una diminuzione dei consumi addirittura nell’ordine del 4%. Così non è stato. Più veritiera, senza ogni dubbio, la crescita piatta vista in Europa, dove le politiche fiscali si sono rivelate più rigorose, a causa della destabilizzazione sull’Euro (poi riassorbita) che ha caratterizzato il 2010. I consumi Usa, anche nel 2011 e nel 2012 saranno incentivati dagli sgravi fiscali, dal prolungamento dei sussidi di disoccupazione e dalla diminuzione delle ritenute sugli stipendi. Come possiamo vedere dal grafico sopra, rispetto allo scorso anno, le vendite al dettaglio hanno superato la soglia del 6%, sfiorando il ritmo registrato nel 2000 e nel 2006. Nonostante la presenza di incentivi, credo sia estremamente difficile proseguire con questa dinamica per il prossimo anno. Il tasso di disoccupazione continua a rimanere troppo elevato, il costo della vita è destinato ad aumentare, mentre il mercato immobiliare potrebbe avere qualche problemino in caso di una tendenza a crescere dei tassi di interesse.
Cosa mi dovrei aspettare per il 2011? Quali opportunità mi offrirà il nuovo anno?

Come ormai vado dicendo da molte settimane, la cosa più importante da fare per una strategia che non arrechi danni, è quella di escludere tutto ciò che ha implicito un rischio oltre misura.

Materie prime: mi sembra che ci sia un attimino di speculazione su questo settore. Personalmente sono per scansarle. Un rialzo dell’inflazione oltre i termini indicati dalle banche centrali finirebbe per drenare la liquidità necessaria al proseguimento di un trend rialzista che sembra interminabile. Consumi in frenata, tassi di mercato in aumento potrebbero essere variabili molto pericolose per chi punta su questo settore. In ogni caso: ci vedo più rischi che opportunità.

Mercato obbligazionario: di questo comparto ho già parlato qualche settimana fa e non ci trovo niente di cambiato. Ci sono elementi sufficienti per pensare ad un mercato in bolla, già sulla via dello scoppio. Basti pensare che sia il Bund che il Bond decennale hanno perforato la rispettiva media a 200 gg. Figuriamoci il resto della banda (Piigs in particolare). Per il 2011 mi sentirei più tutelato da titoli inflation linked o da scadenze non superiori ai 3 anni, rigorosamente a tripla A.

Valute: lo scorso anno ero per il Franco Svizzero, il Dollaro Canadese e il Rand Sudafricano. Osservando le tendenza di lungo periodo, non credo che il 2011 sarà ricordato come l’anno della riscossa dell’Euro, soprattutto nei confronti di quei paesi più virtuosi come il Canada e più flessibili come l’America.

Mercati azionari: non credo sia interesse di nessuno pilotare i mercati verso una bolla. Vorrei ricordare che dopo il fallimento Lehman e il panico generale culminato nel primo trimestre del 2009, i mercati azionari hanno intrapreso una fase discendente di direzionalità, che ha caratterizzato l’intero 2010, fatta eccezione per il Dax e il Nasdaq, i cui trend sono meglio definiti e di maggior fondamento. Quanto accaduto tra il 2007 e il 2009 è una lezione che passerà ai libri di storia, ma soprattutto necessiterà di molto tempo per essere assorbita: “deleveraging”. Credo pertanto che il 2011 sarà all’insegna della selettività, sia geografica che settoriale, un pò la falsa riga del 2010, dove l’imprevedibilità ha regnato incontrastata.

In sintesi ecco il menù: molta liquidità di breve, azioni ben calibrate e studiate fino ai minimi dettagli valutando il rapporto rischio/opportunità e un pò di inflation linked accompagnate da un piccolo contorno di dollari canadesi, franchi svizzeri e dollari Usa.

Categories: Previsioni 2011

Comments are closed.

  • Nassim Taleb

    "... ma nella mia esperienza non sono mai stato coinvolto in un incidente degno di questo nome. Non ho mai visto una nave in difficoltà sulle rotte che ho percorso, non ho mai visto un naufragio. Né vi sono stato coinvolto io stesso e neppure mi sono mai trovato in una situazione che minacciasse di trasformarsi in un disastro." 1907 E.I.Smith, comandante del Titanic, dal Cigno Nero
  • Massime dalla Finanza

    "Regola n° 1: non perdere mai denaro. Regola n°2: non dimenticare mai la regola n°1" W. Buffett

    "È meglio avere quasi ragione che completamente torto" W. Buffett

    Non è importante che tu abbia ragione o torto, ma quanti soldi si fanno quando hai ragione e quanto si perde quando si ha torto. G. Soros

    Il nemico principale dell'investitore è probabile che sia se stesso. B. Graham
  • Siti

     Consulenza Vincente



  • License e Copyright

    Licenza Creative Commons

    Il blog e i relativi post sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported.