I casi possono essere sostanzialmente due:
- Arresto da parte dell’autorità giudiziaria.
- Ricavi inferiori ai costi.
Ovviamente in ambito economico-finanziario il pusher in questione sono le banche centrali, che ormai da 10 anni stanno fornendo la droga necessaria ai mercati, a tal punto che ad oggi muovono sui massimi, nonostante una congiuntura che dà sintomi di entrare in recessione.
Credo che per quanto riguarda la Bce, sia ben difficile sperare in un arresto del pusher in questione, in quanto non vediamo autorità superiori ad essa, salvo una rottamazione volontaria del Unione Europea.
Il punto 2 invece potrebbe essere ben più realistico. E come?
Da anni, le banche centrali sembrano avere un perfetto controllo della situazione e mediante il loro atteggiamento, che supera i limiti dell’arroganza, mostrano sistematicamente la loro onnipotenza, ogni qualvolta che i mercati si prendono qualche pausa di riflessione.
Ormai, il giochetto di immettere nuovi attivi nei loro bilanci, attraverso l’acquisto di asset mediante moneta in stile Monopoli, sembra essere la ricetta per tutti i mali, anche in caso di virus che ancora non sono stati sconfitti dalla scienza.
Personalmente ho sempre temuto, che il più grande campanello di allarme, in un contesto di abuso di politica monetaria, sarebbe prima o poi arrivato dal mercato valutario, piuttosto che da quello obbligazionario o azionario. Questo perché il mondo valutario è ben più difficile da controllare a causa della sua complessità e della dimensione ben più vasta rispetto al mercato obbligazionario e azionario.
In questi giorni, mentre i mercati azionari stanno macinando record dopo record, speranzosi nel fatto che le banche centrali pomperanno all’infinito sempre più liquidità, qualcosa sembra essersi rotto nel contesto valutario.
Da Gennaio l’Euro, ha subito un perdita del 3,7% nei confronti del Dollaro, dell’1,7% contro la Sterlina e del 2,2% contro lo Yen che è tutto dire.
In pratica, stiamo ritornando a ridosso dei minimi di tre anni fa contro Dollaro, mentre l’economia non sembra aver risentito minimamente della politica monetaria ultra espansiva della Bce. Anzi, a dirla tutta, l’Euro sembra rischiare di perdere quella poca fiducia che le era rimasta subito dopo il “whatever it take” di Mario Draghi.
Tutto, a questo punto, sembra favorire una forte svalutazione della Moneta Unica, se oltre al rallentamento economico e alla politica ultra espansiva, aggiungiamo anche il deciso calo dell’attivo commerciale.
Dopo la rottura del supporto di 1,097 e la fuoriuscita al ribasso dal lungo laterale, lo scenario attuale sembra favorire un test a ridosso della zona di 1,06. Tuttavia il vero punto di non ritorno arriverebbe in caso di rottura di 1,04, in quanto sono situati obiettivi e punti di ritracciamento vitali, sotto cui assisteremmo ad una perdita di fiducia preoccupante, che farebbe assomigliare l’Euro più alla nostra vecchia Lira, piuttosto che al super Marco del quale francamente abbiamo perduto effettivamente le tracce.
Una perdita di fiducia su tutti i fronti, ed ecco qui che entra in gioco, il famoso rapporto costi/ricavi negativo, che metterebbe la Bce in una posizione decisamente secondaria rispetto alle altre banche centrali.
Una moneta sfiduciata, infatti, sarebbe sinonimo di banca centrale sfiduciata da tutto il Mondo.
Chissà cosa penserebbe l’elettorato tedesco di un Euro sfiduciato dal mercato, in grado quindi di erodere potere di acquisto con il passare del tempo?
Con molta probabilità i partiti anti europeisti tornerebbero alla ribalta, soprattutto in quei paesi cosiddetti forti, mentre quelli attualmente al Governo finirebbero per andare in minoranza.
A quel punto la Bce verrebbe considerata come il nemico da battere, rischiando di perdere in tutto e per tutto il suo potere e la sua indipendenza.
A nostro modesto parere, quindi, più ci avvicineremo alla soglia di 1,06, più all’interno della Bce suoneranno i campanelli di allarme in favore di un cambiamento della politica monetaria.
Il questo grafico possiamo osservare l’andamento dell’Euro contro la corona svedese. Nei giorni scorsi avevamo accennato sul fatto che la banca centrale svedese avesse rialzato i tassi a fine dicembre. Questa decisione, guarda caso, è maturata poco dopo che la moneta svedese si era svalutata fino a sfiorare il pericoloso target di 11 contro 1 euro. Ebbene da allora il cambio si è apprezzato contro l’Euro di quasi il 4%.
Nel momento di tale decisioni le considerazioni erano le seguenti:
“Ora resta da chiedersi se la Svezia sia il classico canarino nella miniera. Una sorta di cavia. Involontaria, ma pur sempre una cavia. Fuor di metafora: se la mossa avrà successo, l’ala dura dell’Eurotower avrà ancora più voce in capitolo per chiedere a Christine Lagarde di disarmare il bazooka di Mario Draghi, magari facendo leva sulla già prospettata revisione delle linee strategiche dell’istituto di Francoforte. In caso di disastro, invece, a pagare saranno solo gli svedesi. La Riksbank è la banca centrale più antica al mondo, ma l’esperienza non porta all’infallibilità. Così, se da un lato il rialzo dei tassi punta a mettere un freno alla bolla azionaria e immobiliare creatasi negli ultimi anni, dall’altro si incastona in un quadro congiunturale in cui solo l’inflazione (all’1,7% in novembre) manda segnali incoraggianti. Il Pil dovrebbe crescere infatti a fine anno solo dell’1,4%, il peggior risultato degli ultimi sei anni, mentre la svalutazione della corona ha reso infelici perfino i grandi esportatori svedesi, costretti a importare da Germania, Norvegia e Danimarca le materie prime. Quanto alle big bubble, sono state generate proprio dai tassi negativi. Con gravi effetti di distorsione nei prezzi delle case (+75% in 10 anni) e conseguente indebitamento, ormai a livelli di guardia, delle famiglie. Chiamate ora a sopportare un aumento delle rate dei mutui. Se non ce la faranno, saranno guai”.
Ad oggi il rialzo dei tassi sembra aver ridato fiducia alla moneta svedese, mentre gli indicatori economici non hanno subito contraccolpi particolari.
Detto questo, pertanto, sarebbe necessario iniziare a pensare ad un cambiamento strutturale della politica monetaria della Bce, in quanto al suo interno, i cosiddetti falchi potrebbero avere un peso ben più determinante rispetto a quello visto durante l’era Draghi.
La fiducia nell’Euro quindi, prevarrà su qualsiasi altra problematica, considerando oltretutto che la politica fortemente espansiva attuata fin qui per sostenere l’economia, assomiglia sempre più ad una vittoria di Pirro, se dovessimo oltretutto affrontare il tema della distribuzione di ricchezza.
In caso di cambiamento della politica monetaria gli asset maggiormente penalizzati potrebbero essere quello immobiliare e quello obbligazionario, anche se a dire il vero, gli eccessi visti fino ad oggi lascerebbero pochi spazi di tenuta anche agli altri settori, considerata la leva al quale sono soggetti i mercati da diversi mesi.
Al momento il problema non sembra sussistere, ma quanto detto vuole essere una mappa necessaria per capire da dove possono arrivare le insidie.
Di sicuro sarà importante monitorare nelle prossime settimane la dinamica dell’euro, che come detto non è debole solo contro Dollaro, ma su tutte le altre valute primarie.
Per quanto riguarda la Fed le aspettative del mercato sono per tassi invariati almeno fino a Luglio, dopo di che le probabilità per un ribasso di 0,25 iniziano ad aumentare.
In questo caso sarà interessante osservare la dinamica dell’inflazione che ad oggi viaggia al 2,5 ossia sui massimi degli ultimi due anni, contro un target Fed del 2%.
Fattori legati al Coronavirus e ad una minore produttività a livello globale potrebbero contribuire ad un’inflazione maggiore di quanto atteso. Ad oggi inoltre l’inflazione attesa è ritornata a risalire da qualche mese.
Nella giornata di ieri, intanto la Cina ha tagliato i tassi dal 3,25 al 3,15 nonostante un’inflazione che viaggia ormai al 5,40. Altro messaggio di onnipotenza.