Il debito pubblico Usa ha una proiezione al 120% per
il 2023, mentre quello tedesco per quella data è visto
scendere sotto il 50% del debito pubblico. Questa
dinamica, in assenza di una Fed interventista o di un
chiaro cambiamento della politica di bilancio tedesca,
volta a favorire investimenti pubblici, provocherà un
allargamento ulteriore degli spread sui tassi tra Bund
e T-Bond. Difficile, comunque, che la Fed possa
permettere un forte rialzo dei tassi sui titoli a lunga, in
quanto renderebbe il debito insostenibile. Di contro la
Germania sarà obbligata a fare investimenti
dall’interno attraverso una maggiore spesa pubblica.
Nel lungo termine, la mole di debito e l’indice
SP500 seguono la stessa traiettoria, salvo periodi
molto brevi di decorrelazione. Chi contribuisce alla
lunga a questa forte correlazione è senza dubbio
l’inflazione, oltre alla maggior spesa pubblica in
valori assoluti. Un debito in contrazione potrebbe
significare investimenti in contrazione che per le
società si tradurrebbe in minori utili. Sono
molteplici comunque le ragioni di detta
correlazione. Statisticamente i debiti più elevati
hanno prodotto tassi reali sempre più bassi a causa
degli interventi delle banche centrali.
In questo grafico a fianco possiamo finalmente
avere una chiara radiografia sull’impiego delle
risorse derivanti dagli incentivi fiscali attuati
dall’amministrazione Trump. Il CAPEX (CAPital
EXpenditur) non ha ancora rivisto i massimi del
2014, mentre i buy-backs sono decollati verso valori
mai visti fino ad oggi. Gli stessi pertanto, insieme
agli interventi Fed, hanno contribuito ad arginare i
realizzi visti nel 2018. Interessante osservare come
il massimo dei buy-backs registrato nel corso del
2007, sia stato questa volta letteralmente spazzato
via.