La lira turca è sotto pressione, dopo che è stata superata anche la soglia di 5,25 contro Dollaro. Ciò ha coinciso con l’aumento delle tensioni tra Erdogan e gli Usa, sulla questione dell’arresto del pastore Andrew Brunson, cittadino americano. L’obiettivo sarebbe quello di creare merce di scambio per far estradare uno dei più acerrimi nemici di Erdogan, ossia Fethullah Gülen. Il tutto ha fatto infuriare Trump che ha minacciato sanzioni. La posizione della Turchia è fra le più imbarazzanti, in quanto è membro Nato, ma allo stesso tempo amico dell’Iran e della Russia.
Recupera il Rial Iraniano, dopo che la perdita da inizio 2018 era superiore al 30%. Ovviamente questi recuperi sono frutto di interventi o di news che lasciano intravedere qualche risoluzione, le cui possibilità di realizzarsi sono vicine allo zero. Sembra proprio l’ostilità nei confronti degli Usa ad aver ricompattato l’asse dirigente interno iraniano. Il paese è sotto pressione da tempo, con un’inflazione ormai galoppante, che ha spinto le autorità ad allontanare il governatore della banca centrale. Tensione destinata a salire. Lo stretto di Hormuz, sembra l’arma migliore a disposizione dell’Iran.
Il cross Dollaro/Rublo si spinge ai livelli di ottobre 2016, dopo che gli Usa hanno ritenuto la Russia responsabile dell’avvelenamento di Sergei Skripal e della figlia. Benché l’amministrazione Usa si auspichi un miglioramento dei rapporti, l’introduzione di nuove sanzioni sembra cosa ormai fatta. Ciò è stato sufficiente e creare nuove tensioni a spese del Rublo. Ad oggi l’inflazione è del 2,5% contro il 15 di due anni fa, ma le tensioni di questi giorni rappresentano una seria minaccia per la stabilità dei prezzi.
Iran e Turchia, causa la perdita di credibilità della moneta viaggiano ormai con un tasso di inflazione superiore al 15%. Nella realtà l’inflazione risulta essere ben più alta. Il tutto, grazie alla diffamazione degli Usa. Sembra esserci quasi la volontà nel riaffermare l’affidabilità del biglietto verde, discreditando tutti coloro che ne minacciano il suo predominio. Leggasi quindi guerra commerciale alla Cina, sanzioni all’Iran e alla Turchia e adesso inasprimento delle stesse alla Russia, nonostante l’amicone Trump che in cuor suo deve essere riconoscente all’influenza elettorale dei servizi segreti russi.
La domanda che sorge spontanea è: fino a che punto i tre paesi in esame rimarranno inermi difronte alle prepotenze Usa?
L’Iran come diciamo da tempo, rappresenta il pericolo numero uno, per ovvie ragioni. La più immediata è rappresentata dalla crisi interna economica che sta vivendo. In passato, scenari simili, portarono alla guerra tra Iran e Iraq, ricompattando il paese, per non parlare del sequestro dell’ambasciata Usa ai tempi di Carter.
Questa volta la situazione sembra ancor più delicata, e le minacce in favore di un blocco dello stretto di Hormuz sembrano avere buone probabilità per concretizzarsi.
Sul fronte turco la situazione non è da meno, se pensiamo al pugno forte di Erdogan al nascere di tensioni sociali interne e alla destabilizzazione che ne potrebbe derivare in ambito di rapporti internazionali.
E la pazienza di Putin fino a quando durerà?
In questa situazione la Russia vede di buon occhio un aumento della tensione in Medioriente, in quanto non dispiacerebbe un petrolio sempre più caro. Tuttavia i problemi arriverebbero in caso di sanzioni volte ad impedire l’export di prodotti energetici. Questo scenario crediamo sia incompatibile, in quanto i prezzi finirebbero sempre più alle stelle, mettendo in ginocchio l’Europa.
Forse la prepotenza degli Usa sta arrivando al limite, ma è doveroso prendere atto che ci sono tutte le condizioni per assistere ad una ribellione dei paesi fino ad oggi più colpiti.