La matematica non è un’opinione, ma una disciplina che studia quantità, spazio e struttura. Il termine matematica deriva dal vocabolo egiziano maat originato dal nome della dea Maat, personificazione di verità e giustizia.
La matematica, ad oggi, ci dice che la borsa americana si trova ad un livello di rischio estremo, in quanto la sua capitalizzazione ha raggiunto e superato in rapporto con il Pil i valori espressi durante la bolla del 2000.
Nel suo ultimo studio John Hussman, presidente della Hussman Investment Trust (nel 2000 aveva previsto che il Nasdaq sarebbe crollato dell’83%), l’indice SP500 dovrebbe scendere dai massimi del 2018 di circa il 57%, in quanto il rapporto prezzo/vendite dell’indice è passato in dieci anni dallo 0,7 al 2,4 ossia il più alto mai registrato.
Inoltre i sintomi che qualcosa sta cambiando in negativo, derivano dal fatto che molti titoli non stanno partecipando alla fase rialzista, brutto segno questo, dato dal minor rischio che gli investitori sono disposti a sopportare.
Per i prossimi anni, sempre secondo Hussman, le società che hanno guidato la fase rialzista, come le FAANGO subiranno un rallentamento della crescita, che inevitabilmente si riverserà su un deprezzamento delle quotazioni. La crescita del fatturato dovrebbe subire un calo dal 10% attuale a circa il 4%.
Anche secondo Morgan Stanley, le probabilità che la borsa americana possa intraprendere un trend ribassista a breve (oltre il 10% di correzione), sono molto elevate. Alcuni titoli come Facebook e Netflix ad esempio sono già entrati nella fase orso, avendo perduto oltre il 20% dai massimi.
A contorno di tutto ciò abbiamo da tempo una dinamica rialzista dei tassi d’interesse che ad oggi ha portato i bond a 2 anni a diventare fortemente competitivi rispetto alle azioni. Per non parlare delle prospettive che si possono delineare alla luce delle misure restrittive sul commercio internazionale, che prima di Trump aveva consentito una crescita esponenziale dei fatturati delle multinazionali.
Nasdaq Composite
Molti penseranno chiaramente che quanto riportato rappresenta la solita profezia che sistematicamente verrà smentita dai fatti. Può darsi, ma attenzione a non fare il gioco di coloro che hanno come primo obiettivo quello di anestetizzarvi il cervello per farvi poi commettere errori irreparabili. Manipolare verso l’alto il mercato, o per meglio dire, estendere ancor più la bolla in atto diventa un compito sempre più arduo, anche per coloro che vivono dentro la stanza dei bottoni. Anzi, a dire il vero, non è detto che l’obiettivo degli addetti ai lavori, sia proprio quello di creare le condizioni per un avvicinamento alla volatilità storica dei mercati, visto che attualmente i margini sul trading, si stanno riducendo drasticamente. In poche parole: volatilità bassa = utili bassi per le banche.
Ma perché al momento la borsa americana non scende?
Semplice: ad alimentare la borsa americana al momento, ci pensano tutti quei flussi provenienti da quelle aree che stanno subendo la guerra commerciale, in primis la Cina. Ciò è rafforzato addirittura dal quantitative tightening, che tende ad amplificare ancor più la fase di nervosismo su quei mercati a maggior rischio (leggasi emergenti).
Una specie di cannibalizzazione delle borse.
Quanto durerà la cannibalizzazione?
Ancora per poco, visto che in questi giorni il mercato azionario americano è stato oltretutto euforizzato dai dati trimestrali delle aziende che beneficiavano particolarmente della riforma fiscale. All’orizzonte, infatti, una volta passata la sbornia dei dati post, il mercato si dovrà misurare con il rallentamento economico da una parte e con un mercato obbligazionario decisamente più competitivo.
In ottica strategica, pertanto è doveroso attendere dei segnali concreti sul mercato.
Osservando l’indice Nasdaq Composite ad esempio è evidente l’importanza del livello di 7440, mentre ancora sono aperte le possibilità per un colpo di reni fino a quota 8200. La rottura di 7440 sarà il primo segnale in favore di un ridimensionamento dell’indice. Nel frattempo, per operazioni short, vediamo con maggior interesse mercati strutturalmente più deboli.