MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Oggi vogliamo parlare della più nota correlazione storica, ovvero la correlazione bond-stock.

La prima grossa differenza tra bond e stock è che chi compra bond presta soldi ad un’azienda per effettuare operazioni finanziarie di M&A, per comprare assett, per espandersi, in cambio di un interesse periodico. Chi compra stock entra nella vita vera dell’azienda, quindi beneficia del suo operato mediante i dividendi e la crescita dell’utile.

Chi compra stock sa che in caso di default sarà tra i primi a pagarne il prezzo, quindi è direttamente chiamato in causa in caso di problemi aziendali e per questo si aspetta un premio al rischio. Chi compra bond, invece, sa che in caso di default se avrà bond di tipo senior molto probabilmente riceverà il capitale prestato, tranne rari casi di insolvenza grave.

Qui apriamo una piccola parentesi relativa alle procedure di bailin. Se la differenza sostanziale è quella di cui sopra, ovvero che i primi sono tutelati in caso di default (i bond owner) e i secondi no (gli azionisti), la domanda viene spontanea: ma se in caso di default ho in mano bond subordinati e quindi vengo chiamato a pagare come se fossi un azionista sebbene dopo di loro, vale la pena di acquistare bond subordinati per un premio al rischio di pochi basis point? Probabilmente la risposta è no, quindi a questo punto la scelta è tra essere azionista o obbligazionista senior; essere obbligazionista subordinato è un po’ come non essere né carne né pesce, ovvero avere i rischi dell’azionista senza la possibilità di rendimento dello stesso.

Fatta questa considerazione che si applica chiaramente al settore bancario, possiamo proseguire il ragionamento.

L’azionista mira a vedere crescere l’azienda, quindi se investe in un’azienda è perchè ci vede del valore e una crescita delle sue azioni, in taluni casi vede della crescita che si trasforma in dividendo, che è una forma di cedola rilasciata dalle aziende dove non esiste un vero e proprio concetto di crescita (es. utilities) come invece ci può essere nelle tech o simili.

Storicamente c’è una correlazione inversa tra bond e equity. Questo perché i bond sono guidati dai tassi di interesse, mentre l’equity  dagli utili.

Ad esempio quando l’economia rallenta, le banche centrali abbassano i tassi di interesse per stimolare la crescita. Questo porta gli interessi a scendere e il prezzo dei bond a salire.

Al contrario, l’equity soffre quando le condizioni economiche rallentano, perché gli utili si riducono.

Viceversa quando l’economia ha il vento in poppa.

Questa correlazione è vera per la maggior parte del tempo, diciamo un 80% del tempo storico in cui questi due asset sono esistiti.

Come era già avvenuto nel 2015, a partire da Febbrario, anche negli ultimi 2 mesi la correlazione si è persa:

Correlazione SP500 (equity) – TLT (bond)

Confronto tra BUND 10y,  Sp500 e TBond 10y nel 2016 – Si vedono chiaramente i movimenti correlati da inizio Agosto 2016

Da Agosto i movimenti delle assett class sono piuttosto correlati.

Questo comporta maggiore difficoltà di difesa del portafoglio, perché la difesa in ogni portafoglio la fa, tra le altre cose, la decorrelazione degli assett.

L’evidenza maggiore si ha da fine settembre, visto che le performance mensile degli assett sono:

Il tema su cui focalizzare l’attenzione è che l’uso delle politiche monetarie fatto in questi anni ha portato a tassi bassissimi (tanto che i paesi che rappresentato il 25%  del Pil mondiale hanno tassi negativi. Del quantitativo di debito negativo avevamo parlato in questa analisi: https://goo.gl/JcoiHn)

e quindi valore dei bond molto alti e contemporaneamente spinto l’equity hai massimi.

Questo può portare a due spunti di riflessione interessanti.

I tassi bassi per lungo tempo e che secondo le dichiarazioni delle banche centrali verranno tenuti così per un tempo “ulteriormente lungo” ovvero indefinito, portano gli investitori a valutare gli assett secondo il modello del “quanto sono a sconto” e non secondo il modello classico, che per i bond è “rischio default dell’emittente rapportato al rendimento” e per l’equity è “possibilità di crescita del business”. Questo porta gli investitori a vedere “tutto” a sconto perché protetto dalle banche centrali, sia come acquisto di bond che come liquidità immessa sul mercato e data in parte anche alle corporate. Per cui la correlazione si perde e diventa positiva e superiore a 0.5.

Il prezzo dei bond è dipeso dal rischio emittente e dal ciclo economico, e in piccola percentuale da altri valori di rischio, ma negli ultimi anni causa alcune legislazioni emesse dagli stati che hanno ridotto la capacità di acquistare e vendere grosse quantità di bond e  dalle politiche monetarie, questo meccanismo è cambiato.

Ora i bond non vengono prezzati per un 80% dal rischio emittente e dal ciclo economico, ma il loro prezzo è meno composto dal rischio di credito e più da altri rischi esterni associati al contesto esterno all’azienda, alla globalizzazione del credito etc etc

Un esempio di rischio che si è inserito a seguito della regolamentazione dei market maker sui mercati, è quello dell’illiquidità. Mentre prima della legislazione i market maker avevano grossi stock di bond da poter vendere o comprare sul mercato, ora gli spread si sono ristretti e gli stock a disposizione sono ridotti. Questo secondo statistiche del FT nel mercato dei corporate ha portato per grosse quantità  di bond in acquisto o invendita a un tempo di posizionamento di 2 settimane rispetto ai due giorni precedenti. Ciò comporta che questo “prezzo di liquidabilità” allungata, ovvero di illiquidabilità in breve, viene prezzato dai bond stessi. Questo concetto di liquidabilità è molto importante nel momento di selloff o crash finanziari.

Questo comporta inoltre un aumento della volatilità anche sul mercato dei bond perché non avendo liquidità intrinseca, il mercato viene mandato in sell senza saperne il risultato.

Immaginate di poter liquidare assett in 2 giorni. Avete 100 da liquidare e vedere che il mercato non sta andando molto bene. Se il tempo come detto sopra è due giorni, liquidate 50 e poi vedete in 2 giorni che succede.

Ma se il tempo è 15 giorni, potreste liquidando 50 avere tra 15 giorni in mano l’altro 50 che ha perso diverso terreno, per cui tendete a liquidare 100 subito per essere tra quelli che soffrono meno dell’eventuale discesa.

Questo aumenta la volatilità del mercato, in maniera piuttosto consistente, perché se dopo 2 settimane vedete che le cose migliorano rientrate nuovamente con i 100 e si sale e scende modello montagne russe.

Ed è il rischio volatilità che viene prezzato negli assett, rischio volatilità che si vede bene con i flash crash e che si è visto ancora meglio nell’Agosto 2015  quando numerosi assett (anche etf molto liquidi) si erano mossi di diverse decine di punti base, nemmeno fossero una small cap poco liquida.

Quindi è diventata anche nei bond più importante l’oscura arte di prezzare il rischio. Rischio che non si basa più sul solo aspetto creditizio della società, ma anche sulla liquidabilità degli assett finanziari ad essa associati, sui rischi sistemistici e poco sui fondamentali macroeconomici.

Se prima infatti il rischio bond era quello di credito e dell’economia, ora la “bisca” come ci piace ogni tanto chiamarla, si basa anche sulla velocità di liquidabilità dell’assett in relazione al cambio di politica monetaria.

Ovvero se sono il primo ad entrare quando i tassi vengono abbassati e il primo ad uscire quando vengono alzati, faccio guadagno.

Non importa se ho comprato fiori di campo, o quello che fa crescere cosi bene i fiori di campo.

 

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  • Nassim Taleb

    "... ma nella mia esperienza non sono mai stato coinvolto in un incidente degno di questo nome. Non ho mai visto una nave in difficoltà sulle rotte che ho percorso, non ho mai visto un naufragio. Né vi sono stato coinvolto io stesso e neppure mi sono mai trovato in una situazione che minacciasse di trasformarsi in un disastro." 1907 E.I.Smith, comandante del Titanic, dal Cigno Nero
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