Analisi settimanale del 11.09 (vuoi ricevere i contenuti per 15 giorni in real time? Prova qui senza impegno e senza costi!)
Disunione organizzata
L’Europa come pensata dai padri fondatori (un’unione di “antiche culture” che riesce a trovare un’unione di intenti, un’unione politica fiscale e monetaria) nell’ultimo anno si è sempre più mostrata un’utopia.
L’unione è andata bene finchè tutto andava bene. Poi è arrivata la crisi del 2008 e l’assunzione che nessuno stato grazie all’unione avrebbe più avuto problemi finanziari o economici si è infranta contro una delle crisi economiche più importanti degli ultimi 100 anni.
Da lì l’europa dei grandi principi, della condivisione e della solidarietà si è trasformata nell’europa del “prima io” e del “vediamo cosa ci posso guadagnare a rimanere o entrare nell’europa”.
Successivamente, diversi paesi si sono accorti che rimanere nell’europa voleva dire non poter stampare moneta, essere legati a doppia mandata a delle regole fatte dai fratelli forti ed essere costretti a cure dimagranti forzate degne del miglior format televisivo sulle persone in sovrappeso.
Da lì inoltre è iniziato un percorso da adolescenti all’interno dell’europa: per rimanere del gruppo era necessario rispettare il deficit di bilancio (ovvero avere i pantaloni firmati), ridurre il debito (ovvero avere la maglietta giusta), stringere la cinghia (ovvero avere la linea giusta e il capello giusto) onde evitare di essere ghettizzati. Si è venuto quindi formando un nuovo muro di Berlino, non più tra est e ovest, ma tra nord e sud, con gli stati nordici ricchi, bravi e prosperosi e quelli del sud indisciplinati, pieni di debito e più poveri.
L’italia è arrivata ad un passo dalla Troika, portogallo e grecia hanno subito salvataggi e ricevuto aiuti. Il tutto a discapito della sovranità , visto che poi venivano imposte ai popoli aiutati posizioni decise da altri stati o altre sovranità.
L’europa, considerata l’antico continente ed associata a scelte sagge e ponderate, è diventata in breve una specie di sadico, che non sente sue le gambe e quindi continua a flagellarle credendo che siano di qualcun altro.
Fino ad arrivare alla farsa di Giugno-Luglio, quando si è arrivati ad un millimetro dal lasciar uscire-buttar fuori la Grecia. All’ultimo minuto poi TSipras è stato sostituito da un clone guidato dalla merkel (scusate questa è la mia interpretazione, la verità è che per il bene dei greci, dell’europa e del mondo è tornato sui suoi passi) e in 1 ora ha fatto un dietro front che non aveva voluto fare in diversi mesi.
Quindi l’accordo è stato siglato (palese cessione della sovranità greca, oltre che istituzione di un fondo di beni greci a garanzia del prestito di 85 miliardi garantito da FMI-UE-BCE) e la Grecia ha potuto finalmente fare altro debito in cambio di un fondo di garanzia, un’assenza di ristrutturazione del debito se non minima e ripagare così (meno male!) le banche tedesche e francesi che erano le più esposte verso la Grecia. Terzo salvataggio (il quarto viene dato 2 a 1). Quindi un’europa che “saggiamente” invece di accettare da buon trader le perdite, continua a rimandarle facendo indebitare ulteriormente il debitore.
E’ come se uno ti dovesse 10.000 euro e tu al posto di accettare che non te li ridarà mai gliene presti altri 1.000 (300 tu e 300 due tuoi amici) così i 1.000 li usa per ripagare tuo cugino. Robe da matti. Poi subito sui giornali a dire: tutto ok, tutto risolto e cercare di far dimenticare la questione. Se non fosse che TSipras si dimette e tra poche settimane vedremo il nuovo governo che dirà.
Ecco l’europa dei saggi e della solidarietà, concepita dai padri fondatori che ora sembra un gruppo di vecchi che litigano su ogni cosa al bar.
Un altro esempio è il caso Ebola. Ebola, indicata come emergenza umanitaria, viene gestita dall’europa singolarmente. Ogni stato attinge alle proprie risorse come meglio crede per analizzare, guarire e salvare i propri connazionali infettati. Analizzando il modello manageriale di gestione, si vedono carenze da tutte le parti. L’Europa avrebbe semplicemente potuto fare un centro di studio e cura nel paese meglio attrezzato e gli altri paesi avrebbero potuto fornire risorse e supporto finanziario, oltre che talenti, per accelerare un’unione “difensiva” contro questo pericolo comunitario.
Vogliamo poi fare un passo indietro a quando la Francia attaccò la Libia, innescando la miccia del caos migratorio che c’è in corso ora? Avendo poi il coraggio di chiudere le frontiere verso l’Italia quando i flussi migratori cominciarono a diventare piuttosto consistenti. E il tutto perché? Perché la Francia non riusciva a fare business con la Libia. Niente altro.
Un’europa che nata come “occidentale” nel tempo ha fatto entrare gli stati dell’est per motivi molto semplici: manodopera a basso costo e rimozione dall’influenza russa. Attaccare infatti uno stato che non è nell’UE per Putin non è un problema (vedi l’ucraina), ma attaccare uno stato UE sotto egida nato, è un altro paio di maniche. E allora dentro gli stati dell’est: protezione in cambio di manodopera a basso costo. Quanti imprenditori italiani hanno aperto aziende in romania o polonia negli ultimi 10 anni?
Manodopera che ora è diventata costosa, e qui arriviamo al buonismo tedesco. Dal 2011 l’Italia (dal geniale attacco francese in Libia) dice che il fenomeno della fuga dal Nord Africa e dal Medio Oriente è un fenomeno che non va sottovalutato. Ora la guerra in Siria e l’ISIS hanno peggiorato le cose ed il fenomeno è esploso. Numerosi ministri degli esteri come Gentiloni hanno portato il problema in Europa. Lo stesso Renzi giustamente ha sollevato il problema e l’inettitudine europea a riguardo. All’inizio non ci hanno degnato di uno sguardo, poi ci hanno detto no grazie, poi hanno mandato qualche nave di supporto, ma nel momento che il primo immigrato ha messo piede in Germania, allora tutti sull’attenti, riunione speciale dei ministri degli esteri per gestire un’emergenza europea.
Ma perché l’Italia dove è? Fa parte forse della Guinea Francese? Però se lo dicono i tedeschi, chiaramente la cosa ha un peso diverso. E subito dopo, i tedeschi che fino a poco prima avevano detto che era un problema italiano, decidono di promuovere la Merkel a nuova “madre teresa di Berlino”, visto che lei dice: immigrati venite, possiamo ospitarvi fino a 500.000 l’hanno.
Poco meno di 2 mesi fa in un incontro tra i ministri degli esteri c’era stata un’estenuante discussione per dividersi 40.000 immigrati che era finita per dividerne solo 32.356 (sia mai che si faccia 32.357 o addirittura 32.358) e rinviare la divisione degli altri a fine anno, e adesso la Germania da sola ne accoglie 500.000 a braccia aperte?
A parte il reverse della posizione che farebbe impazzire qualsiasi trading system e a maggior ragione il buon senso, la mossa della Merkel è chiara: venite che ci serve manodopera. E infatti l’arrivo degli immigrati è osteggiato dai popoli Ue dell’est come ad esempio i polacchi, che vedono a rischio i loro posti di lavoro ben pagati nel Regno Unito e in Germania. Loro che hanno sfruttato Shengen al massimo, ne chiedono la sospensione, per evitare che il loro vantaggio venga colmato dagli immigrati.
La cosa bella, se così si voglia dire, è che con questo cambiamento della Germania e della Francia, ora tutti gli immigrati vogliono andare lì perché c’è lavoro e vogliono andare via dall’Italia. Meno male, noi sicuramente da soli non saremmo mai riusciti a gestirli o allocarli o mandarl i in altri stati grazie all’europa.
Commovente è l’altruismo tedesco verso gli immigrati rapportato al pugno di ferro rappresentato dal gnigno satanico del “buon” Shauble avuto con i greci, considerati la feccia tra i già non amati popoli del sud.
E cosa dire del Regno Unito. Agganciato economicamente all’europa sebbene separato politicamente e monetariamente, è sempre stato in bilico, con un piede dentro e un piede fuori. Ora l’idea è quella di far votare agli inglesi se rimanere nell’UE oppure no e decidere un po’ da soli per i propri affari sganciandosi da un’Europa sempre più attenta all’interesse del singolo che alla solidarietà tra paesi.
In tutto questo marasma, l’europa presa dalle beghe interne, divisa sulle sanzioni alla Russia comunque applicate per volere della Germania, pronta ad affamare i componenti (grecia) e salvare la nuova manodopera (gli immigrati) si troverà ad affrontare un tema non secondario: la sicurezza.
L’isis che si sta allargando a macchia d’olio nel nord africa e medio oriente, sarà probabilmente uno dei prossimi argomenti caldi che dovrà fronteggiare l’europa. L’isis ha dalla sua parte come forza la non unità delle cellule, difficile da collegare e dal comportamento imprevedibile. La non unità che è forza per l’isis è debolezza per l’europa, che non sembra essere in grado di coordinare politiche unitarie di difesa e di gestione.
La storia insegna che nessuna integrazione è facile, tantomeno di gente che scappa dalla guerra o di popoli culturalmente e religiosamente diversi e va gestita con molta attenzione. Non è facile integrare un popolo islamico con uno cristiano, oltre che di culture diverse, di abitudini diverse, di lingue diverse e il tutto mentre ci sono problemi interni (i greci appena salvati ricevono tanti immigrati quanti l’Italia).
Perchè ricordiamolo, l’europa sta perdendo tempo mentre gli USA con i loro alti e bassi mantengono comunque la loro forza propulsiva, mentre gli emergenti, chi più chi meno, rimangono emergenti (ovvero in crescita). L’europa sta solo invecchiando e sembra iniziare a soffrire anche un po’ di Alzheimer, visto che non ricorda più gli insegnamenti della storia e i secoli che ha vissuto.
Il tutto mentre la prossima crisi finanziaria sembra alle porte (oggi l’ha detto anche Shauble, e se lo dice il gufo per eccellenza, c’è da toccare ferro).
L’unica entità che davvero fa sembrare l’europa unita è la bce, che con Draghi ha cercato sempre di mantenere un’unità di intenti e obiettivi. Ma che dal “whatever it takes” sostiene che le sue manovre non bastano e che servono riforme e unità economica, monetaria e politica.
Peccato che la volontà politica non vada in quella direzione, indebolendo sempre più un’unione forse possibile solo sulla carta.
L’europa come è oggi ricorda un po’ l’Italia di prima dell’unione: tanti stati piccoli e tutti divisi, ognuno con la propria cultura, storia, esperienza, che poi sono stati uniti da Garibaldi (con ripercussioni sulla sua impresa che arrivano ai giorni nostri).
Che serva un Garibaldi europeo per risolvere la questione?
Mah, penso che perfino Garibaldi si metterebbe le mani nei capelli a vedere come è messa oggi l’Europa.