MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Analisi settimanale del 29.08.2015 su www.moneyriskanalysis.com (area riservata)

L’entropia è inevitabile

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Il 24 Agosto, alle 15.35 il mondo come lo conosciamo oggi sembrava finito.

La paura aveva preso il sopravvento, la velocità di selloff aveva raggiunto limiti non pensabili fino a qualche anno fa, le firme di high frequency trading festeggiavano alla wolf of wall street il conto in banca che saliva come nei migliori film dove i gangster moderni rubano i soldi digitando “invio” dopo essersi intrufolati nel super segreto e inattaccabile server di qualche banca. Le valute volavano come fossero small cap.

Il 27 agosto alle 10 del mattino circa (orario in cui è stato fatto il grafico sopra), tutto era come prima del 24, o poco alterato. L’euforia aveva preso il sopravvento. La fiducia nel giaciglio tranquillo delle banche centrali era tornata, la sicurezza nel detenere azionario anche.

Tutto in USA, tutto in Europa, quasi tutto in Giappone, poco in Cina.

Sempre secondo l’Economist (fonte del grafico), la Cina non dovrebbe spaventare più di tanto l’economia globale. Questo perché sebbene gli investimenti pubblici probabilmente siano arrivati al massimo possibile (e quindi il consumo di materie prime da costruzione), il consumo interno è ancora molto basso e può essere potenziato.

Lo dicevamo tempo fa che la Cina poteva essere spinta solo da un miglioramento del consumo interno, che è a livelli molto distanti rispetto a quello dei paesi europei. Ovvero la Cina deve diventare un nuovo consumatore globale, per permettere al globo di proseguire il suo percorso di crescita capitalistica. Perché se non si cresce sempre, non si fa fatturato e se non si fa profitto, il prossimo quarter finisce molto male.

Anche Papa Francesco si è espresso nell’enciclica “verde ed ecologica” sul profitto e sulla sua relazione con la tecnocrazia, ovvero la tecnologia che viene messa a servizio del profitto inarrestabile che mira a fare sempre di più, a ferire sempre di più la terra (e aggiungo io, le persone) per arricchire pochi e non buoni oligarchi mondiali. Tecnocrazia vista come un sistema insostenibile che non potrà proseguire in eterno se non portando all’autodistruzione dell’umanità, così attenta al profitto e al potere e non più attenta alla consistenza e alla sostenibilità dell’agire.

A 1813 di sp500 e 9323 di Dax, l’umanità del profitto (la finanza oligarchica) sembrava prossima ad un tracollo. Il mondo finanziario sembrava finito (avete presente cosa sarebbe successo a 1799 di sp500, ovvero appena sotto i 1800? L’avvitamento sarebbe accelerato ulteriormente visto che gli stop loss sarebbero saltati e i long si sarebbero girati in short). La fine del mondo era vicina e il bagno di realtà sembrava palese. Ma poi, basta poco, il rimbalzo istantaneo e i giorni successivi che fanno sparire ogni dubbio sul fatto che è stato un flash crash. Non colpa di un sistema sbagliato, ma colpa dei cattivissimi hft che accelerano i movimenti aumentandone di volta la magnitudo. Peccato che adesso anche un investitore comune possa lavora fino a leva 400, muovendo con 100.000 euro ben 40 milioni di euro, nemmeno fosse una piccola banca.

In fondo l’essere umano è così: preferisce cercare conferme di quello che crede e non cambiare idea, visto che cambiare idea rischiando di perdere la sua sicurezza o vedendo le evidenze di quello che non è più costa dolore. Poi ad un certo punto il mercato crolla e ci si sente nudi, come se fosse successo tutto all’improvviso senza che si potesse fare niente. Che non si possa fare niente è vero, ma che accada all’improvviso, direi proprio di no.

Soprattutto sul mercato americano, le avvisaglie c’erano eccome. Ne abbiamo parlato più volte e non è che la situazione sia cambiata. Ipotizzando anche un ritorno dell’Sp500 a 2100, poi cosa lo sosterrà? Gli stessi elementi di una settimana fa, ovvero i buyback o la convinzione che dopo questa tirata di orecchie, allora si possa andare sul mercato più sereni visto che la maestra ci ha sgridato ma non ci ha dato la nota. Ricordo la domanda che ritengo più importante per decidere dove investire: quale assett in cui voglio mettere il mio euro ha maggiore possibilità di farmi tornare più di 1 euro tra 1 anno? A ognuno la sua risposta.

Giovedì parlerà Draghi, è in corso Jackson Hole, a cui la Yellen ha preferito non partecipare. C’è chi dice che sia perché lei vuole evitare troppi annunci, forse è perché preferisce prendersi il giusto tempo per la decisione più importante della sua nuova carriera da Chairman della Fed: alzare o no i tassi. Il tutto mentre al congresso i Repubblicani chiedono una sorta di funziona matematica che agganci i tassi a inflazione e occupazione, come se l’economia fosse una equazione di primo grado e non un complesso sistema multidimensionale di Xesimo grado con K incognite.

Il rialzo dei tassi è osteggiato dal FMI, e anche da economisti come Stiglitz e Krugman, che lo vedono come un buttare acqua su un fuoco che non c’è. In fondo l’occupazione è ai massimi, ma non quella fulltime, il pil cresce ma non al ritmo previsto e l’inflazione è ancora sotto i target.

Quello che probabilmente vuole cercare la Fed è un ritorno alla normalità che le serve (e serve al mercato), perché se lunedì tutti avevano paura, la Fed era disperata: aveva capito che non avendo armi se non il qe, non sarebbe riuscita in caso di collasso a intervenire. E del resto la Fed potrebbe non avere tutti i torti ad alzare i tassi, perché alzandoli chiuderebbe il ciclo di arricchimento eccessivo del famoso 1% ridimensionando la borsa e riducendo la possibilità di indebitamento delle aziende. Le stesse aziende, di proprietà del famoso 1%, che fino a che la borsa sale e ci si può indebitare a poco, fanno profitto con la situazione che c’è. Mentre se la borsa di ferma o scende e l’indebitamento si alza, servono i consumatori per aumentare i profitti e quindi un po’ di soldi vanno dati loro (mediante aumento dei salari) in modo da farli tornare nelle tasche del famoso 1%.

Questo per quanto riguarda gli USA. Niente è cambiato nemmeno in Cina, anzi. La Cina si avvita su una borsa che scende, e un giorno positivo o due non cambiano la situazione. Forse la Cina non sarà un problema globale perché si riuscirà a far diventare i cinesi dei consumatori più consumanti (sarà, ma non ci vogliono due giorni per fare questo), ma la credibilità della banca cinese è seriamente compromessa. Quella banca che sembrava quasi magica dopo il 2009, che sembrava spingere la Cina sempre verso nuovo sviluppo e che ora si trova un debito del 250% del pil, gli investitori esteri che se ne vanno nonostante lei svaluti ogni settimana lo yuan (entrando così nella guerra valutaria da cui si era tenuta fuori), immetta liquidità e faccia la caccia alle streghe. Per essere una banca magica ha mostrato poca professionalità nel gestire il crollo del mercato e poca credibilità nei dati, che alcuni analisti cominciano a credere siano un po’ truccati calcolando un pil cinese in crescita del 2-3% annuo.

Alcuni americani sostengono che il rallentamento cinese non tocchi gli USA, perché gli USA esportano solo l’8% dei loro prodotti verso la Cina, ovvero il 0.7% del GDP. Come fa notare Krugman, questo è vero ma non è questo il problema. Il problema è che la Cina sta facendo “dumping” (sta scaricando) ufficialmente treasuries (bond americani) per cercare di bilanciare la svalutazione dello yuan. Considerato che la Cina ne detiente 1.271 trilioni, è come se stesse avvenendo sul mercato un qe inverso.

L’apprezzamento ulteriore del dollaro e un rialzo dei tassi, porterebbe maggiore pressione non solo sulla Cina, ma su tutte le economie emergenti, che come risposta dovrebbero liberarsi di assett in USD per bilanciare la situazione. Questo comporterebbe un rialzo dei rendimenti sui treasuries non controllabile e quindi un possibile nuovo qe. Qe che se prima non era nemmeno nominato, è stato definito da Dudley della fed, come possibilità molto remota. Quindi non impossibile.

Nel frattempo l’Europa non cresce e i paesi collegati alla Cina sono preoccupatissimi perché se il dragone si ferma, quelli a maggior export verso la Cina faranno lo stesso.

Si è quindi passati dalla paura all’euforia, e l’euforia ha fatto da anestetico ai problemi reali che permangono. Il percorso tra l’altro sembra molto simile a quello del 2011 (analizzando i gap che si sono visti sul mercato). Analizziamo i movimenti del Dax, con primo minimo sempre ad Agosto.

M = mesi

G = giorni

2011

3m 7g  -27.49%

0m 6g  +10.83%

0m 29g -18.27%

1m 15g +28.79%

2015

4m 14g -25.07%

0m 3g  +11.44%

in circa 1 mese target 8300

in circa 1 mese target 10624

8300 è anche il 100% dell’espansione di Fibonacci dal crollo del 2011.

 

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Con questo non vogliamo dire che il mercato debba scendere o che il mercato debba salire. Prevedere non fa parte del lavoro dell’analista o dell’investitore. L’analista analizza e cerca di fare valutazioni oggettive anche in momenti emotivamente forti. Le previsioni le lasciamo ai maghi e i “bastava” a chi vuole usare il senno di poi sui mercati. In fondo saremmo tutti miliardi con il senno di poi.

Vogliamo solo dire che è facile avere paura come farsi prendere da facili entusiasmi. E che la paura annebbia la vista al pari dell’euforia. Anzi l’euforia un pochino di più, perché ci riporta alla serenità e alle certezze che la paura ci aveva fatto perdere.

Occhi sempre aperti, inizia l’autunno dei mercati.

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  • Nassim Taleb

    "... ma nella mia esperienza non sono mai stato coinvolto in un incidente degno di questo nome. Non ho mai visto una nave in difficoltà sulle rotte che ho percorso, non ho mai visto un naufragio. Né vi sono stato coinvolto io stesso e neppure mi sono mai trovato in una situazione che minacciasse di trasformarsi in un disastro." 1907 E.I.Smith, comandante del Titanic, dal Cigno Nero
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