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FED
Lasciata per ultima e chiaramente non per importanza c’è la Fed, che parla principalmente con la voce della Yellen e di Fischer.
Gli obiettivi iniziali della Fed erano inflazione e occupazione.
L’occupazione è ormai a target. Volendo si potrebbero iniziare disquisizioni sulla qualità dell’occupazione (full time o part time) e sulla % di popolazione occupata, ma non è questo il momento visto che la Fed la considera un obiettivo acquisito.
Sull’inflazione, sembra che alla Yellen non interessi particolarmente, sebbene sia ormai molto lontano dai target previsti del 2%. Anche se le ultime discese del petrolio potrebbero creare un pericoloso avvitamento dei prezzi.
Il target primario ora è l’aumento dei salari: aumento dei salari ad occupazione piena significherebbe aumento dei consumi, cosa teoricamente probabile. In fondo gli americani che per certe cose sono indubbiamente avanti, hanno capito che se non si danno più soldi alla gente, la gente non può spendere.
Tutto a questo punto fa pensare ad un rialzo dei tassi a Settembre, venduto come fattibile per i dati sopra indicati alla luce di una ripresa tangibile. Che ci sia una ripresa tangibile può essere discusso, che ci sia una chiara volontà della Fed di alzare i tassi per tornare ad una normalizzazione (nonostante ad esempio alle indicazioni dell’FMI) è molto più sicuro.
La Fed vuole recuperare l’arma dei tassi, che al momento sono al minimo storico da troppi anni. E vuole farlo alla svelta, prima che sia necessario riutilizzarli.
Questo è quanto dicono i giornali.
Leggendo il transcript del fomc, quindi le parole precise della Yellen, si evidenzia come la fed consideri il target da 0 a 0.25% dei tassi un target fattibile. Rimane fondamentale capire come evolveranno il pil, l’occupazione e l’inflazione. Nel fomc sono già stati abbassati i target previsti a Marzo a seguito delle proiezioni e dei valori rilevati nel secondo trimestre (che si vedono dai grafici che abbiamo riportato sopra). Quindi la situazione rimane molto incerta e settembre sarà un mese sicuramente importante per una decisione da prendere che sarà tutt’altro che secondaria e soprattutto fondamentale per la credibilità non solo della Fed ma delle banche centrali.
La Yellen inoltre qualche mese fa ha detto che l’azionario USA era sopravvalutato: una considerazione molto forte fatta dal più potente banchiere centrale mondiale. Una sorta di: attenzione, non difenderemo l’azionario dopo averlo fatto per anni, se scenderà. Investitori siate pronti.
Ci sono alcuni parametri a supporto delle dichiarazioni della Yellen di cui abbiamo già parlato continuativamente nel blog (anzi cogliamo l’occasione per ricordavi che ci potete trovare oltre che sul blog anche su:
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Il Nyse margin debt è l’indebitamento per investire in azionario, L’esposizione è pari a quella del 2000 e 2007 e dopo un piccolo assestamento sta ritornando su livelli preoccupanti e da record.
Per quanto riguarda i buyback ne avevamo già parlato nel 2014. La liquidità massiccia che viene accumulata dalle grandi multinazionali, non volendo/potendo essere reimpiegata in investimento per mancanza di consumo, viene utilizzata per buyback (riacquisto di azioni) che sostengono l’azionario e/o lo sospingono (peraltro per interessi anche interni, se sono un manager e ho 100 azioni che valgono 90 e con il buyback le porto a 95, è chiaro cosa guadagno). Il fenomeno è diventato talmente diffuso e importante che ne ha parlato anche la Clinton in piena campagna elettorale per le presidenziali 2016.
Se sommiamo il margine del nyse, i buyback, che le aziende a meno di così non possono ottenere soldi (tassi a zero), il fatto che il petrolio è sceso di molto riducendo le spese e che gli stipendi sono pressochè fermi in termini reali, capiamo come sia difficile per le aziende USA andare meglio di così (se non con un dollaro meno forte, come detto prima). Ci fosse anche un dollaro debole, saremmo alle condizioni migliori possibili.
Se a questo sommiamo la liquidità dei fondi giapponesi, e le poco gradevoli trimestrali americane, notiamo come l’azionario USA sembra sostenuto su basi piuttosto fragili. Cinque mesi di lateralizzazione sono piuttosto rari nella storia (dal 1998 sono capitati solo 2 volte) e la distanza dalla media a 200 è piuttosto consistente sul weekly)
Settimanale sp500
Tralasciando il Nasdaq, che abbiamo già analizzato con il 450% in 6 anni, e guardando ad un indice più “stabile” come l’sp500, notiamo come la verticale sia evidente. I
l movimento dal 2002 al 2008 è stato molto morbido rispetto alla verticale fatta dal 2012 al 2015. Interessante è anche valutare il range in cui si sta muovendo da alcuni mesi, tra 2050 e 2120. Dove andrà non è possibile saperlo, certo dopo compressioni di questo tipo, quando scatta la molla, solitamente la forza esplosiva che si è caricata è notevole. E la probabilità dopo una corsa del genere e dopo le parole della Yellen, è a favore della discesa, sia essa correzione dopo la salita o trend ribassista.
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