Per troppo tempo il gap tra economia reale e quella finanziaria si è ampliato, per poter considerare il mercato finanziario il termometro di un tempo.
La prima tuttavia, anziché convergere verso l’alto, sembra richiamare verso il basso la seconda, vanificando le politiche monetarie moderne, tanto caldeggiate dalle banche centrali e dagli economisti improvvisati.
La Germania sta rallentando vistosamente, non tanto a causa dei mancati QE in stile Fed, quanto perché si è chinata alla volontà europea di attuare sanzioni contro la Russia (ben volute dagli Usa) che ci stanno ritornando indietro come un boomerang letale. Siamo riusciti, come Europa, ad interrompere anche uno dei pochi canali di trasmissione economica funzionanti.
Questo cari lettori, farà ancora più irrigidire la posizione del popolo tedesco nei confronti dell’Europa e soprattutto dell’Euro e a quel punto sarà l’ora che anche la Merkel inizi a mandare a quel Paese quegli Stati che cercano di fare altrettanto con la Germania, se non vorrà soccombere politicamente. Insomma alla fine ne nascerà un “vaffa…. generale”.
L’altro giorno su FB mi arriva una delle solite richieste di cliccare su una pagina “mi piace” intitolata, “stampare moneta per far ripartire l’economia”. Vai ci siamo, ho detto, anche il tassinaro vede nel QE l’unica via d’uscita.
Ovviamente mi sono sentito in dovere di rispondere, dicendo che quella non è la soluzione di tutti i mali, in quanto non è che aumentando la quantità di un mezzo di scambio convenzionale, si riesce a risollevare la domanda aggregata. Piuttosto si creano delle storture nel sistema, specie quando questo è alla frutta. Basti pensare che l’aumento della domanda aggregata sta avvenendo in Paesi che non hanno attuato queste politiche, non perché le stesse abbiano un effetto opposto, quanto perché i loro sistemi economici si trovano in un processo strutturalmente ideale per una crescita. Pensiamo all’India, alla Cina o a quei paesi che hanno un equilibrio demografico e di occupazione in grado di sostenere il sistema senza particolari azioni esterne.
Quando un paese è alla frutta, e la deflazione europea lo dimostra, significa che ha bisogno di uno shock per rimettersi nella giusta carreggiata.
E’ invece sorprendente come ancora il dibattito si concentri sulla “rigidità” tedesca e sulla necessità di unire sempre più questa Europa, fatta di storie millenarie diverse, le quali non potranno mai coesistere in nome del patriottismo o di una scuola di pensiero comune.
Già l’unione italiana mi sembra per molti versi troppo forzata, figuriamoci quella europea.
Gli italiani e i tedeschi, ad esempio, sono diversi tra loro, nel modo di ragionare e di affrontare i problemi.
Queste differenze emergono vistosamente nei momenti più difficili, quando cioè l’oste ci presenta il conto al tavolo.
La cosa più grave, quindi, emersa negli ultimi 5 anni in Europa, è stata soprattutto l’assenza di una linea guida comune, volta a colmare le lacune presenti nei paesi meno virtuosi. Pensiamo solo al fatto del processo burocratico necessario per l’attuazione di un piano di sviluppo economico e confrontiamolo con l’iter vigente negli Stati Uniti o in altri Paesi. Basta questo per accorgersi che l’Europa così come è stata costruita è una corsa a perdere per tutti noi. E qua si continua a parlare solo di flessibilità: quella salariale ovviamente.
Tuttavia, all’interno dell’Ue si scontrano due fazioni completamente diverse fra di loro:
Quella finanziaria, nel nome della quale l’Europa è stata spolpata fino all’osso, con il compiacimento di Draghi, e quella economica, che vede in Bruxelles un soggetto avente funzioni di controllo e non di incentivo.
Al momento la parte finanziaria ha prevalso alla grande su quella economica, grazie anche ad un bombardamento mediatico senza precedenti. Ormai anche la casalinga di Voghera vede in Draghi un salvatore della Patria, cosa che non è assolutamente vero. Anzi, stando alle fonti ufficiali, il nostro Super Mario avrebbe fatto peggio di Trichet, visto che ha mancato totalmente gli obiettivi di inflazione programmata.
Nonostante il bombardamento mediatico, la parte socio-economica finirà per prevalere sugli interessi finanziari e questo grazie all’ultima cosa che ci è rimasta, seppur sminuita nella sua funzione: IL VOTO.
Molti di voi diranno: ma che cavolo stai dicendo Andrea? In Germania hanno votato lo scorso anno, mentre in Francia e in Italia siamo ancora lontani dalle prossime elezioni.
Questo è in parte vero, ma il consenso dei governanti sta precipitando letteralmente. Nemmeno la Merkel si trova in una posizione particolarmente felice, vedendo crescere le simpatie per AfD, anche all’interno del suo partito.
Non è un caso se Hollande nei giorni scorsi, attraverso il suo Ministro delle Finanze abbia alzato la voce contro l’austerity.
Il trend, scatenato dal basso, ossia dal consenso popolare, sta prendendo sempre più forma e poco potrà fare il mondo finanziario per evitarlo.
Del resto, come ho sempre sostenuto, aumentare la quantità di un mezzo di scambio convenzionale (stampare moneta) non produce ricchezza. Se volete togliervi qualsiasi dubbio in merito, provate a fotografare i salari reali europei nel loro insieme, rispetto a 5 anni fa. L’impoverimento è totale e oltretutto preoccupante. Niente è stato fatto dalle autorità per salvaguardare il modello economico, mentre tutto è stato messo a disposizione in nome della globalizzazione (leggasi delocalizzazione).
Ci meravigliamo quindi se l’Europa non cresce? Andate a chiederlo a chi di dovere.