MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Stampa moneta,  gonfia la finanza e gli asset, frena la disoccupazione, aumenta i salari, risolleva l’inflazione, svaluta debiti pubblici e aumenta i tassi.

Questo, per chi ancora non lo avesse capito è il ciclo economico del neoliberismo caldeggiato dalle banche centrali.

La deflazione colpisce là dove queste teorie non sono state applicate nel modo corretto e soprattutto nei tempi dovuti.

Personalmente sono contrario a questo neoliberismo, in quanto dovrebbe essere il mercato a regolare il tutto, a costo di far sparire il marcio. Se questo ormai ha raggiunto le parti vitali del capitalismo che conosciamo, ben venga la sua fine.

Tuttavia il mio pensiero si deve scontrare con gli interessi di parte, che a costo di stravolgere il concetto liberista, hanno fatto di tutto per prolungare la vita del vecchio capitalismo.

Basti pensare che coloro che erano in “fallo” fino ad un anno fa, per storture che si scontravano fortemente con il concetto di “buono”, “bello” e “redditizio”, sono quelli che hanno avuto i migliori risultati. Il sistema ha prodotto nuovi modelli, che poco si sposano con il concetto di valore aggiunto reale. Il marcio è stato riabilitato. Pertanto signori miei è come se tutti i giorni, ai supermercati, compraste bistecche putrefatte per poi mangiarle senza nemmeno farci caso. Le conseguenze lascio a voi pensare quali sarebbero alla lunga. Restare consapevoli che ci stiamo muovendo all’interno di un sistema poco sano, è l’appunto principale che dobbiamo farci tutte le mattine quando ci svegliamo.

Dopo aver stampato moneta, quindi, rivalutato gli asset e migliorato l’occupazione nei limiti del possibile, la ricchezza sembra destinata a redistribuirsi grazie ad un aumento dei salari. Nessuna novità quindi rispetto ai cicli del passato, in cui si partiva dall’alto, per far arrivare la nuova moneta in mano alla classe più povera quando ormai il valore era eroso dall’inflazione. Almeno, negli anni passati, nonostante la creazione di nuova moneta, il mercato riusciva a fare selezione, evolvendosi anche positivamente.  Questa volta sono stati riabilitati anche i falliti irreversibili.

Così sta succedendo in Usa, in Inghilterra, in Giappone e altre parti del Mondo. Chi ha spulciato fra le righe i discorsi dei principali governatori, si sarà accorto come l’attenzione, per giustificare una politica accomodante, si sia spostata dal tasso di disoccupazione al livello dei salari reali. Fino a che questi non saliranno a ritmi preoccupanti, le banche centrali manterranno un livello dei tassi molto basso. Come dire: “il nostro obiettivo è quello di creare un’inflazione ben più alta delle aspettative attuali”.

Unica eccezione l’Europa, dove ancora si persegue la competitività attraverso una pressione salariale verso il basso, se escludiamo il ritocco dei salari minimi tedeschi, che in ogni caso scatteranno dal 2015. Ancora qua l’attenzione è rivolta ai QE.

Gli aumenti salariali di cui parlavo, sono supportati oltretutto da una minor pressione della globalizzazione e da una disoccupazione strutturale che ormai non è sufficiente a tenere sotto scacco coloro che hanno un impiego. Per spiegarmi meglio, nei paesi emergenti vi è una pressione verso l’alto dei salari, atta a incentivare i consumi interni. Quindi diminuisce la competitività salariale, che tanto aveva contribuito a schiacciare l’inflazione negli ultimi 20 anni. Allo stesso tempo, la gran parte dei disoccupati, in Usa e resto del Mondo, non sono in grado di sostituire coloro che magari hanno un impiego nell’information technology o altri settori ad alto valore aggiunto.

[Continua domani … ]

Categories: Miscellanea

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