Share the post "C’è la crisi e questo porta la nuova schiavitù lavorativa … ma non solo …"
Ricordate il post “C’è la crisi e questo porta la nuova schiavitù lavorativa”? Se no ve lo ripresento, in versione aggiornata in diverse parti vista l’evoluzione che sta assumendo la schiavitù …
Nuova filosofia del lavoro:
1. c’è la crisi, quindi se lavori sei fortunato
2. c’è la crisi per cui se hai 20 anni e non trovi lavoro è normale
3. c’è la crisi per cui se sei a casa e ti assumo e ti pago poco sei fortunato perchè hai un lavoro
4. c’è la crisi per cui se lavori e vieni a chiedermi un aumento ti dico
4.1 c’è la crisi, dai mica vorrai un aumento
4.2 c’è la crisi, hai già un lavoro, non vorrai anche un aumento
4.3 c’è la crisi, già tanto che non sei in mobilità o in cassa
4.4 c’è la crisi, ma non hai un cuore verso chi non lavora?
C’è la crisi appunto.
Quindi il 40% (ormai diventato quasi 50%) tra i giovani non hanno lavoro, chi lavora in 2 se la cava, chi lavora in 1 fatica, chi lavora in 0 non mangia.
C’è la crisi, quindi nessuno:
1. investe nelle nuove leve, (tutti devono nascere imparati)
1.1 perchè sprecare soldi?
1.2 il mercato è pieno di gente con esperienza a basso costo che posso spremete come un limone mica prendo un ventenne senza esperienza a cui insegnare
1.3 perchè devo assumere qualcuno se posso prenderlo a progetto e quando ho finito liberarmene? In fondo ci sono un sacco di competenze di alto livello a basso costo
1.4 c’è la crisi, quindi potere della domanda di lavoro elevatissima rispetto all’offerta che è altrettanto elevata in numero e qualità
Prima della crisi, se un’azienda ipotetica di 5 persone ne aveva bisogno di una sesta per carico di lavoro la prendeva. Quindi c’era il percorso di inserimento, apprendimento, “innamoramento” del proprio lavoro, tempo di integrarsi e di far proprio il lavoro.
Adesso un’azienda se assume, lo fa quando servono 2 persone, lo fa a progetto e possibilmente a tempo. Intanto quei poveri 5 lavorano per 7: ma siete fortunati, avete un lavoro. Intanto però siete parte di una spremuta di limoni.
C’è la crisi, ma siccome sono un’azienda devo ridurre i costi per mantenere i margini. Quali costi posso ridurre? Materie prime no, fare i prodotti più scarsi no, allora quelli del personale … e allora che faccio? Vediamo … licenziare i poco produttivi in Italia è impossibile, allora la nuova frontiera del male è tiro matti i dipendenti in modo che, mal che vada si ammalino o prendano malattie per sfinimento (così li paga l’inps e io risparmio) e ben che vada scappino … geniale no? Di solito poi che prendono malattia sono proprio i poco produttivi, quindi meglio per me imprenditore no? Peccato che essere uno dei produttivi diventa un incubo, perchè sei assogettato allo stesso regime dei poco produttivi come attacchi sfinenti, poi quando quelli stanno a casa perchè si rompono del datore di lavoro e hanno un medico “amico” che gli dà i giorni tu sei lì come un pirla a lavorare per 3 e cercare di tirare avanti la baracca comunque perchè hai l’acume di pensare al tuo futuro e non solo al tuo presente … E quindi si allarga la forbice tra i produttivi che tirano come dei muli da guerra in salita e gli improduttivi che sentita l’angheria del Kapo tendono a esacerbare il loro improduttivismo …
C’è la crisi, quindi se ho vent’anni e penso solo a feste e discoteche e faccio parte dei neet, sono quasi anche scusato. In fondo non c’è lavoro, con il diploma ci faccio poco, all’università i miei genitori non hanno i soldi per mandarmi … che altro posso fare … futuro, famiglia? Assi ho letto su qualche libro che c’erano una volta … ma io non ho speranze qui in Italia …
C’è la crisi e quindi questo cavolo di un lavoro che non mi piace non posso cambiarlo. Perchè se esco dal mondo del lavoro dalla porta ci rientro dalle tubature del water se mi va bene.
C’è la crisi e quindi se ho delle qualifiche quando le presento vengono divise per 3 oppure mi danno comunque un contratto a progetto. E se volessi cambiare lavoro perchè mi hanno spiegato che le nuove esperienze rendono migliori, aumentano la propria cultura, e fanno bene alla mente, non ci devo pensare ma piegare la gobba e tenermi il lavoro che ho. Quelle sono cose per i tedeschi e gli americani, noi giù la testa nella piantagione del cotone lungo il Po.
C’è la crisi e quindi i datori di lavoro pensano sia dignitoso ogni venerdì chiamarci (con i miei colleghi) nella sala del precariato e dirci se la settimana dopo saremo ancora a lavorare oppure no. E dire che ho una famiglia e dei figli. Se ci lasciano a casa, ci cancellano con la gomma come fossimo un tratto a matita su un foglio. Se ci tengono, sembra quasi che dobbiamo comprargli un regalo e ci ricordano che loro ci danno un lavoro e noi dobbiamo dare il massimo, Ogni minuto di ogni settimana in qualunque condizione di salute, senza malattie (se stai a casa venerdì ti salutano) senza ferie (maffigurati, se vai in ferie venerdì non ci sei alle nomine per il “Grande Lavoratore della settimana dopo” quindi sei fuori) …
C’è la crisi, ma qui mi sa che il lavoro è diventato grazie a questa crisi una schiavitù per chi ce l’ha, un supplizio e una galera per chi ce l’ha saltuario, e un miraggio per tutti gli altri.
E dire che la costituzione nell’articolo 1 ne parla del lavoro … fosse quasi un diritto. Adesso è come un gratta e vinci: se lo trovi non sei bravo, hai fortuna.
C’è la crisi … e come al solito spariscono tanti diritti.
Una volta era l’effetto guerra, ora è l’effetto crisi.
Basta parlare solo di crisi e di lavoro, che venga fatto qualcosa per eliminare la prima e salvaguardare e aumentare il secondo!
E crisi, già che ci sei, vai un po’ a lavorare (per non dire altro) anche tu invece di starci sempre qui con il fiato sul collo. E prima di andarci, rileggiti il significato che le parole dignità, salute, lavoro, famiglia e profitto avevano prima e dopo il tuo passaggio. E lasciaci un po’ in pace.
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