Share the post "Lavoro, 2 aspetti non ancora analizzati: il lavoro femminile nella crisi e la mediocrità nella crisi"
Del mondo del lavoro abbiamo già parlato numerose volte, ma in questo post vorrei toccare due argomenti che ho affrontato se non in parte e che sono ben distinti:
- la mediocrità del lavoro nella crisi
- le donne e il lavoro nella crisi
Sono due aspetti che fanno parte del quadro lavorativo italiano.
Partiamo dal primo: la mediocrità della qualità del lavoro nella crisi
In un’economia “normale” (ovvero non in crisi) esistono dei meccanismi di competitività per cui chi è capace e in gamba riesce ad emergere (con tutti i limiti che ci possono essere in Italia dovuti alla raccomandazione, all’amicizia, all’aggancio) e a far valere grazie alla performance le proprie capacità. Sono i numeri, i risultati, gli obiettivi raggiunti ogni giorno che permettono alle persone che si impegnano di emergere e quindi di raggiungere solitamente ruoli di guida di altre persone. Questo quindi permette alle persone di livello di raggiungere ruoli di capi o dirigenziali e genera un secondo meccanismo per cui queste persone tendono ad attorniarsi di persone capaci. E’ infatti noto che i simili si attraggono, e nel lavoro solitamente capi che sanno fare il loro mestiere sanno anche selezionare persone che lavorano bene.
Nell’epoca della crisi attuale in cui ci troviamo questo meccanismo, come altri, viene snaturato. Questo perché sebbene la performance rimanga un driver, gli obiettivi vengono sempre più abbassati “causa crisi” ( per motivi più o meno giusti e condivisibili) e questo porta un livellamento delle figure. Quindi ad esempio non c’è più differenza, semplificando, tra chi è bravo e chi è bravissimo perché entrambi possono raggiungere gli obiettivi che sono stati ridotti.
La cosa è ancora più grave quando gli obiettivi non si raggiungono. Questo perché quando non si raggiungevano gli obiettivi in un periodo “normale”, la persona veniva classificata come poco produttiva. Ora invece se non vengono raggiunti gli obiettivi c’è sempre la scusa della crisi, e quindi questo porta a tutelare maggiormente i mediocri (per mediocre intendo colui che non sa fare il suo lavoro, non chi non raggiunge gli obiettivi in generale visto che persone capaci possono non raggiungere gli obiettivi per motivi congiunturali come persona scarsissime raggiungerli per pura fortuna). I mediocri, quindi, con obiettivi ridotti e la “scusa della crisi” (quando parlo di scusa della crisi intendo chi la usa come scusa, non che non ci sia, sia ben chiaro) riescono a mantenersi in ruoli di responsabilità per un tempo molto maggiore rispetto a prima ed essere individuati con lentezza dal sistema azienda. Questo come collaterale comporta che nel frattempo si attorniano di gente mediocre e questo danneggia ancora più il business.
Inoltre questo meccanismo danneggia le persone capaci che solitamente vengono classificati come rompiscatole e fastidiosi in un contesto di mediocri e che sul lungo termine vengono danneggiati anche dalla mediocrità che li attornia, perché si sa che le capacità umane si livellano al minimo potenziale inevitabilmente. Questo perché nessuno è così sciocco da tirare il carro per troppo tempo da solo mentre i colleghi si bevono coca cola stando seduti sul carro. Prima o poi chi tira il carro da solo si stufa e sale anche lui sul carro a riposare.
Veniamo al secondo punto: le donne e il lavoro nella crisi
Ci tengo a partire da due assiomi di cui sono molto convinto e siccome l’argomento è sempre delicato vi prego di rileggerli un paio di volte:
“Le donne che riescono nel lavoro hanno una marcia in più. Perchè fondamentalmente hanno le capacità razionali degli uomini a cui aggiungono una sensibilità e una capacità di visione dovute ad aspetti genetici e di vita che l’uomo non ha.”
” Sono le donne stesse a dire che è dura lavorare in un ambiente di donne”.
Hai letto due volte? No, allora rileggi, SUBITO!
Essendo calato il lavoro cosa succede: in tutti i lavori (più o meno) si possono trovare dei momenti di pausa più lunghi rispetto a quando c’è da lavorare magari otto ore al giorno di fila senza respirare. Questo dà tempo a tutti di dare spazio alle proprie inclinazioni: c’è chi fuma una sigaretta in più, chi un caffè in più, chI magari naviga un po’ per gli affari suoi, chi parla di calcio, chi di figli etc etc
In questo a parte gli argomenti, uomini e donne sono uguali.
Nelle donne però tipicamente questo tempo per osservare porta spesso ad amplificare sentimenti in loro insiti per natura: il confronto, l’invidia, la speculazione emovità e a tratti il rancore.
Facciamo un esempio semplice che può mostrare la differenza chiara tra uomo e donna:
L’uomo vede un altro uomo che ha una macchina fantastica che non potrà mai permettersi. L’uomo pensa: che culo che ha quello! Vorrei essere al suo posto!
La donna vede un’altra donna che ha un bellissimo vestito: la donna pensa: si beh bello il vestito ma a lei sta male con quel culone che si ritrova!
Aldilà dell’esempio che spero abbia fatto sorridere questo spiega come la crisi, aumentando il tempo che le singole persone, siano essi uomini e donne, hanno a disposizione anche sul lavoro per guardarsi in giro, aumenti l’entropia sul posto di lavoro. Questa entropia è lineare negli uomini e esponenziale nelle donne.
Sia ben chiaro che parlo sempre di medie!!!
Questo in sostanze vuol dire che i responsabili che sono diventati mediocri si trovano a dover affrontare situazioni umanamente sempre più complesse ed entropiche. Chi e’ stato responsabile di un team sa bene che l’80% del lavoro è organizzare e seguire i problemi delle risorse, solo il 20% occuparsi di aspetti tecnici. Quindi l’80% del tempo che viene dedicato alle risorse umane diventa sempre più complesso e sempre più voluminoso fino a diventare il 90-95%. E questo riduce la produttività.
Se si aggiunge il fatto che la situazione sarebbe già gravosa per dei capi eccellenti, ma che come detto al punto 1 la mediocrità sopravvive più a lungo anche a livello di capi, si può ben capire come i problemi umani non vengano gestiti correttamente da capi scarsi e spesso assecondanti. Questo generando ulteriore entropia e riduce ulteriormente il tempo dedicato alla produttività. Se infine si gioca il carico, aggiungendo che oggettivamente le persone hanno davvero sempre più problemi visto che magari il coniuge è a casa senza lavoro, non si possono permettere le cure ai figli, etc etc, la situazione appare veramente devastante.
Capite bene come questa equazione (mediocrità*entropia)^crisi sia una spirale devastante e come asintoto abbia la distruzione della cultura del lavoro. Se a questo sommiamo l’equazione della distruzione della cultura umana italiana otteniamo:
berlusconismo = cultura del furbetto del quartiere, del io me la cavo, del le
regole non sono per me (fuori e dentro il lavoro)
radice berlusconiana = radice alla berlusconismo (tipo radice quadrata, radice cubica etc etc)
(1/radice berlusconiana (cultura)) = mediocrità
[(entropia /radice berlusconiana (cultura)]^crisi =
distruzione cultura lavoro e cultura generale (in Italia)
Aforisma della settimana
Sono giunto alla conclusione che è necessario saper interpretare se stessi, almeno quanto è necessario saper leggere il mercato. Jesse Livermore
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