Share the post "L’analisi della settimana"
Questa volta iniziamo l’analisi settimanale parlando di uno dei rapporti fra due variabili che più mi affascinano. Si tratta del confronto tra oro e argento, osservandolo nel percorso degli ultimi 13 anni. Come potete vedere dal grafico settimanale qui sotto, il rapporto tra oro e argento sta salendo a favore del primo, esattamente dai primi mesi del 2011. Di per sé la prima reazione poteva rientrare in un contesto di riequilibrio, dopo gli eccessi visti sull’argento. Tuttavia il recupero dell’oro si è consolidato dalla fine del 2012, per poi confermarsi negli ultimi mesi.
In situazioni di forte espansione economica, sarebbe corretto che la dinamica del rapporto indicato nel grafico fosse favorevole all’argento, come confermato nei periodi che vanno fino al termine degli anni 90, nel triennio 2004/2007 e nella ripresa vista a partire dal 2010, grazie alle politiche quantitative delle banche centrali.
Al contrario, i periodi di forte tensione registrati negli ultimi 13 anni coincidono con un rapporto tra oro e argento favorevole al primo.
È interessante osservare ad esempio la dinamica del rapporto nel periodo che va dal 2000 al 2003 e quella tra il 2008 e 2009.
Stando a quanto vediamo oggi in questo grafico è lecito pensare che la situazione del ciclo economico non sia proprio fra le più promettenti.
È sorprendente fra le altre cose come i metalli preziosi, nonostante un’apparente tranquillità sul sistema monetario mondiale, siano in tutti i modi ostacolati dalle autorità governative.
È il caso ad esempio dell’India che in questi giorni ha aumentato del 2% la tassa sulle importazioni di oro, della Germania che ha rivisto al rialzo l’Iva sulle monete d’argento o degli Stati Uniti, ben attenti affinché l’Iran non importi metalli preziosi, visto la svalutazione che il paese ha subito a causa dell’embargo. Quasi una mossa a voler ribadire il ruolo del dollaro come moneta di scambio internazionale.
Rapporto Gold/Silver
Ma passiamo a commentare quanto accaduto sui mercati la scorsa settimana.
Sicuramente il paese che in questo momento preoccupa di più sembra essere la Cina, visto i dati che confermano il costante rallentamento dell’economia. Ciò non rappresenta un bel biglietto da visita per l’economia mondiale, considerato ormai il peso del dragone. Per certi aspetti è a dir poco scioccante se diamo uno sguardo a quanto sta succedendo nel settore dei pannelli solari e dell’acciaio, sui quali la Cina sta mostrando tutta la sua vulnerabilità del proprio modello economico. Secondo gli esperti, i settori precedentemente citati non sembrano un caso isolato. Del resto non va nemmeno sottovalutato l’atteggiamento protezionista dei paesi occidentali che va ad aggiungersi alla minor capacità di consumo, per capire quali siano le potenzialità di crescita nel lungo periodo della Cina. Con molta probabilità non sarà facile per i prossimi anni mantenere un tasso di crescita del 7%, come programmato dalla nuova guida politica. Insomma la cuccagna sembra essere finita anche per quei paesi che avevano fatto della forte competitività la loro fortuna.
Per quanto riguarda invece l’Italia le cose non sono certamente migliori, anzi tutt’altro. Il nostro paese non solo presenta un calo del Pil reale del 2,4%, ma ha un’inflazione di circa l’1,2%, che non gli consente di crescere nemmeno in termini nominali, a differenza del proprio debito pubblico. Questo rappresenta una dinamica pericolosissima ai fini del rapporto debito Pil. Ciò non deve meravigliare se la BCE si è dichiarata preoccupata riguardo allo sforamento del tetto del 3% di deficit annuo, mentre qua continuano ad arrabattarsi per trovare le risorse necessarie per scongiurare l’aumento dell’Iva e per abolire l’Imu sulla prima casa.
Altri dati che hanno sorpreso gli analisti vanno ricercati nel forte aumento dei prezzi alla produzione americani e nel tasso di utilizzo della capacità produttiva scesa al 77,6 contro il 77,90 delle attese. Per il resto non ci sono da registrare altre novità.
I mercati del resto sono in trepida attesa per le comunicazioni della Fed nella prossima settimana, che non dovrebbe giocare di sorpresa in termini negativi, visto ormai il fedele matrimonio che dura da oltre 4 anni.
Passiamo adesso a dare un occhiata veloce ai principali indici
SP500
L’indice americano mantiene ancora intatta la tendenza rialzista iniziata nel dicembre 2012. Anche la scorsa settimana i tentativi ribassisti sono stati respinti in prossimità della linea nera descritta nel grafico qui sotto. Tuttavia quota 1650 sembra rappresentare un ostacolo importante al proseguimento del movimento rialzista, confermato dalla media mobile a 21 giorni. È chiaro che stiamo parlando del mercato più forte in questo momento. Sarà interessante constatare la dinamica di questo indice alla vigilia del comunicato della Federal Reserve, la quale sembra propensa a mantenerlo invariato rispetto al precedente. Quota 1615 rappresenta il supporto principale, sotto il quale potrebbero scattare vendite sufficienti a proiettare l’indice verso il livello di 1570.
DAX
L’indice tedesco ha trovato per il momento un punto di supporto a quota 8000, sul quale sta muovendo la media a 55 giorni. In questo caso la resistenza principale è situata a 8350 punti. È importante constatare come l’indicatore di direzione si stia muovendo verso l’alto in presenza di movimenti discendenti. La rottura degli 8000 punti darebbero luogo ad un movimento correttivo fino al livello di 7750/ 7700. È chiaro che anche in questo caso stiamo parlando di un indice la cui forza è superiore agli altri mercati europei e anche emergenti.
FTSEMIB
La borsa di Milano nella precedente settimana ha mostrato sicuramente un quadro ben più debole, rispetto al Dax. E’ interessante constatare come la reazione rialzista sia avvenuta solo sul livello più importante di supporto, delineato dalla parte inferiore del canale ascendente intrapreso dal luglio 2012, situato a 15.850 punti. Altro segnale da non sottovalutare è sicuramente la rottura della media mobile 200 giorni, che tuttavia sarà confermata esclusivamente alla fuoriuscita del canale indicato nel grafico. Gli indicatori di tendenza si trovano su livelli considerati utili ad un movimento sostenuto, che in questo caso dovrebbe essere negativo. Da un punto di vista grafico di lungo periodo, il raggiungimento di nuovi minimi relativi disegnerebbe un quadro tecnico poco rassicurante. In ogni caso la permanenza sopra i 15.000 punti costituirebbe sempre un elemento di speranza per un risveglio del nostro indice, i cui stimoli sono ad oggi sconosciuti, visto il quadro economico poco incoraggiante. Ciliegina sulla torta l’ultimo profit warning di Saipem, che non rappresenta proprio un elemento salutare per il nostro sistema. Saipem ed Eni, capitalizzano circa il 20% della borsa italiana.
NIKKEI
L’indice giapponese ha trovato in quota 12.500 il suo livello di reazione, anche se la stessa non sembra particolarmente convincente. A conferma della forte incertezza quota 13.500 ha funzionato in modo piuttosto netto da resistenza, rappresentata questa dalla media mobile a 55 giorni. Inoltre la correlazione con l’andamento dello yen è a dir poco asfissiante. Il fatto che questo abbia rotto contro l’euro il livello di 127, costituisce una minaccia alle possibilità di reazioni convincenti del Nikkei. In ogni caso quota 12.500 rappresenta tuttora un punto importante sul quale azzardare operazioni di breve respiro. Se andiamo infatti a vedere gli indicatori di direzionalità il contesto sembra quello di un consolidamento in ottica di lungo periodo.
EURO/DOLLARO
Prosegue la fase rialzista dell’euro, soprattutto nei confronti delle valute emergenti. In questo caso analizziamo la dinamica contro dollaro, con la quale possiamo osservare la netta rottura del quadro delle medie mobili che a quota 1,31 rappresentava una resistenza non trascurabile. In ogni caso siamo in presenza di un movimento laterale di lungo periodo compreso tra 1,38 e 1,28. Quota 1,3370 costituisce comunque un livello di resistenza non trascurabile dal quale potrebbero ripartire movimenti contrari. Sopra questo livello invece è ipotizzabile un nuovo attacco in prossimità del livello di 1,38. Non è necessario dire in questa sede quanto importante sia la giornata di mercoledì prossimo, quando cioè sarà diramato il comunicato della Federal Reserve.
T-BOND
Anche i titoli di Stato americani hanno arginato la loro discesa in prossimità del supporto di 128,50 punti. Tuttavia in questo caso ci troviamo ben al di sotto della media mobile a 200 giorni, situata 130,45 e perforata oltretutto dalla media mobile 21 giorni. Questo consolidamento pertanto ha buone probabilità di sfociare in favore di un nuovo ribasso che si accentuerebbe proprio al di sotto dei 128 punti. Pensare che il mercato obbligazionario abbia una correlazione inversa a quello azionario al giorno d’oggi, è pura follia. Infatti se andiamo a vedere i titoli che più hanno contribuito al rialzo degli indici azionari, sono proprio quelli a larga capitalizzazione che hanno adeguato i loro rendimenti annui a quelli presenti sui titoli decennali. In sostanza le valutazioni di mercato attuali, possono essere giustificate solo in presenza di tassi prossimi allo zero, nel breve periodo e al di sotto del 2% nel lungo periodo.
Inserite i vostri commenti! Ci fa piacere sentire anche le vostre esperienze e posizioni in merito. Ogni spunto può essere utile per dare un’informazione migliore e più completa!
Aforisma della settimana“Quando i prezzi non stanno andando da nessuna parte, ma semplicemente muovendosi in un intervallo limitato, non ha senso cercare di prevedere se il prossimo rilevante movimento sarà al rialzo o al ribasso. Ció che occorre fare è seguire il mercato, cercare di determinare l’ampiezza dell’intervallo, e semplicemente non fare nulla fino a che tale intervallo non viene rotto in un senso o nell’altro.” Jesse Livermore
Share the post "L’analisi della settimana"