Pubblichiamo di seguito una piccola analisi di un italiano che da qualche anno vive in Giappone (Tokyo). Giulio, sposato ad una giapponese di nome Asami che lavora per una multinazionale americana, ha un figlio di nome Riki e lavora per un’azienda tedesca. Giulio ha cercato, ritengo efficacemente, di darci la sua analisi di come l’Abenomics sta cambiando (o non cambiando) la vita dei giapponesi, e quindi anche la sua.
Salve, mi chiamo Giulio Motta e vivo in Giappone da ormai più di 8 anni. Mi è stato chiesto di esporre il mio punto di vista sull’Abenomics vista dall’interno. Premetto che non sono un economista e non me ne intendo abbastanza per una valutazione ponderata. Spero che gli amici del blog abbiano pazienza riguardo a questo. Mi limiterò quindi a esporre come si vive la situazione, possibilmente arricchendo con qualche nota sul paese del Sol Levante.
Premessa: ritengo che molte cose che funzionano o che non funzionano qua, possano avere effetti opposti in altri posti del pianeta, visto che la cultura, la società e la situazione geografica del Giappone svolgono un ruolo importante. Detto questo, torniamo all’Abenomics ovvero la teoria (e pratica) secondo la quale si stampano soldi in modo da svalutare lo yen e quindi in modo da rendere gli export giapponesi più competitivi.
Seguono alcune mie considerazioni:
1. Gli effetti sui prezzi delle importazioni non si sentono ancora, quindi è presto per esprimersi sugli effetti sulla popolazione reale. Il telegiornale avvisa che ci saranno innalzamenti dei prezzi di qui e di là, ma bisognerà attendere ancora qualche mese. Per ora solo il prosciutto crudo che compravo a 598 yen non c’è più. I pomodori pelati sono invece ancora al minimo storico di 78 yen.
2. È vero che in Giappone è dagli anni ’90 che l’inflazione è poco più o poco meno di zero; è anche vero che la popolazione giapponese è però bloccata e stabile da altrettanti anni, a causa di immigrazione nulla e un crollo delle nascite che compensa una prospettiva di vita che continua ad allungarsi (nonostante i suicidi). Il Giappone dispone inoltre di risorse naturali pressoché nulle. Da dove dovrebbe arrivare quindi la crescita?
3. Svalutando lo yen, i prodotti giapponesi dovrebbero essere più competitivi. Il problema che vedo io è che dove i prodotti sono competitivi e costruiti in Giappone, non hanno molto bisogno di essere ancora più competitivi (può l’industria dell’auto giapponese fare ancora meglio di quel che sta già facendo?) E dove i prodotti sono competitivi ma non costruiti in Giappone (per es. macchine fotografiche), i prezzi non possono diventare più competitivi di quel che sono già, ovvero in linea con il resto della produzione mondiale Made in China.
4. La disoccupazione in Giappone è già bassissima, tra il 4% e il 5%. Dicono che stia migliorando ancora, ma a un certo punto penso che un minimo tasso di disoccupazione sia insito in qualsiasi tipo di società. Riportare lavori manifatturieri sul suolo giapponese è sicuramente una cosa buona sul lungo termine, ma non penso sia fondamentale a breve.
5. Quando l’inflazione colpirà veramente, chi si preoccuperà di alzare i salari? Credo che in questo lo stato abbia poco da dire. I sindacati sembrano inesistenti qua in Giappone. Finché tutto andava a gonfie vele per il paese del Sol Levante, fino all’esplosione della bolla all’inizio degli anni ’90, l’economia cresceva alla grande e i salari con essa. Poi tutto s’è fermato e rimasto “piatto” per decenni. Adesso che l’inflazione sarà artificialmente creata, chi obbligherà le aziende ad alzare i salari per mantenere il potere d’acquisto dei lavoratori?
6. Sotto questo punto di vista, non capisco assolutamente l’incremento dell’IVA che in due anni dovrebbe passare dal 5% al 10%. Il Giappone è un paese basato sul consumismo (nonostante – per tutta una serie di fattori – il risultato sia una distribuzione del denaro quasi socialista: ci potremmo ritornare un’altra volta). L’aumento dell’IVA sarà a mio giudizio una bruttissima botta per i consumatori e per i consumi.
7. I giapponesi sono però fra i più grandi risparmiatori della terra. È una questione di cultura credo. Nei secoli questa terra è stata martoriata da terremoti e tsunami. Le case di legno sono sempre bruciate facile (e bruciano ancora). Siccome non si sa mai cosa accadrà domani, il giapponese medio non solo si assicura, ma risparmia anche il più possibile, poiché le assicurazioni a volte non bastano (quelle sulla casa non coprono il terremoto per esempio). Esistono quindi grandi capitali assolutamente immobili, risparmiati da gente ormai anziana, spesso senza eredi, spesso letteralmente dentro al materasso (o meglio, “futon” da queste parti). Stampare soldi può quindi essere un modo per bilanciare la scomparsa dalla circolazione di questo denaro?
8. Bisogna dire che prima dell’Abenomics, lo yen era forse davvero sopravvalutato e i prezzi dei beni importati tramite i canali ufficiali erano fuori dalla norma. Ovvero, supponiamo che una borsetta di Prada costasse al negozio di Prada qui in Giappone 100.000 yen ovvero 1.000€ del gennaio 2012. Si poteva farsi spedire in Giappone la stessa identica borsetta comprata in Italia in negozio a Milano (e quindi comprensiva di IVA al 21%) pe 750€. E ciò includendo spese di spedizione e un guadagno per chi effettuava la transazione.
In conclusione: funzioneranno le Abenomics? Non credo sia un tentativo sbagliato a priori, ma sono scettico. Probabile che l’elefante partorisca un topolino e gli effetti reali siano minimi. Qualunque sia l’esito, l’aumento dell’IVA da solo potrebbe costare ad Abe la rielezione. Al che, il prossimo governo restaurerà in fretta e furia il restaurabile e sarà finita lì, con lo yen che riprenderà la sua posizione di moneta sicura e immobile.
Ringrazio Giulio per la sua analisi da “insider” e con piacere ricordio che Giulio tiene un blog sulla sua vita in Giappone (oltre ad aver scritto un libro) http://pollonipponico.
Aforisma della settimana
“Lose your opinion, not your money!” (“Perdi le tue opinioni, non i tuoi soldi.”) Anonimo
bellissimo paese, ci tornerei subito.. 🙂 gente ok, un po' strana.. e poi, quello che qui fa uno statale, li lo fanno in 5, e ho detto tutto 🙂