Le quirinarie e la formazione del nuovo governo Letta hanno tolto per qualche giorno l’attenzione dai veri problemi del Paese. I veri problemi non sono se il PD si sia autodistrutto, se il PDL appoggia o no il PD, se l’M5S si scongela o meno. I veri problemi del paese sono riassumibili in buona parte in una parola: “lavoro“.
L’eurostat segnala un tasso di disoccupazione del 11,6% a Marzo 2013 e il tasso giovanile (15-24 anni) di disoccupazione sale al 35,9%, il più alto dal 1977 anno di inizio delle rilevazioni Istat.
Notiamo dal grafico come essere laureato sia quasi uno svantaggio e come essere nel Mezzogiorno sia un grosso svantaggio in termini di ricerca occupazionale.
E questi dati non tengono conto della cassa integrazione, che tiene attaccati al mondo del lavoro lavoratori che ne sono praticamente fuori, o perlomeno che in altri stati lo sarebbero. E’ calcolato che all’11,6% di disoccupati dovrebbe essere aggiunto almeno un 2% di persone in cassa al momento “parcheggiate” prima di uscire dal mondo del lavoro, per un totale di 13,6% di disoccupati (alcuni dicono che il valore possa salire al 22% calcolando disoccupati e sottoccupati, ma non ci sono dati ufficiali in merito). In proporzione quindi potremmo parlare di circa un 40% di giovani disoccupati in media in Italia. Il problema dei giovani c’è da dire che non è solo italiano, tanto è vero che la settimana scorsa l’Economist ha dedicato la copertina alla “Generation Jobless“. Certo la disoccupazione giovanile nei paesi del sud Europa è sicuramente molto più forte che in altri contesti perlomeno in relazione ai dati degli anni precedenti la crisi.
La situazione comunque è grave non solo dal punto di vista numerico, ma soprattutto culturale. Le nuove generazioni (e per generazione intendo ormai un arco di tempo attorno ai 7-10 anni visto che i cambiamenti globalizzati e tecnologici hanno portato a una riduzione anche della lunghezza delle generazioni) non riescono ad entrare nel mondo del lavoro: questo non dà ai giovani spazio di esprimersi, di crescere, di farsi una famiglia e di contribuire alla collettività.
La costituzione all’articolo 1 sancisce:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”
al 3:
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”
e al 4:
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
Quindi i padri fondatori ritenevano il lavoro fondamentale, sia per lo sviluppo della persona che della nazionale. E su questo non ci sono dubbi: si vedono ragazzi di 20 anni che non hanno lavoro e questo li lede non solo come lavoratori (arriveranno a 30 anni con poca esperienza, senza poter essersi fatti una famiglia, dovendo rifare numerose volte la gavetta) ma soprattutto come persone (stare a casa tutto il giorno a fare il “bamboccione” per troppo tempo ti fa diventare davvero “bamboccione” perchè crea meccanismi mentali che oltre a poter potenzialmente portare a situazioni psico-patalogiche rendono il cervello poco attivo. Entrare nel mondo del lavoro è un passo fondamentale per la formazione umana di ognuno).
Vignetta con come titolo: Bamboccioni.
Spesso inoltre quando si parla di lavoro si inizia a pensare allo Stato che deve garantirlo, alle aziende che devono funzionare bene e pagare i lavoratori, ai lavoratori che devono essere flessibili, ma c’è un altro player che fa parte del mondo del lavoro e di cui si parla forse poco: il Sindacato.
Il sindacato nasce nel 1800 in Inghilterra, nazione tra le più evolute e in cui l’industrializzazione fa fare tra il 1850 e il 1870 passi da gigante all’organizzazione nelle fabbriche. A questo punto serve qualcuno che rappresenti i lavoratori, in modo da dare loro condizioni umane di lavoro. Ed ecco che nasce il sindacato dei lavoratori (esiste infatti anche il sindacato dei datori di lavoro) che si occupa appunto di tutelare chi lavora.
Ecco, questo è il punto: il sindacato si occupa di tutelare chi lavora o perlomeno se ne occupava.
Di cosa si occupa oggi il sindacato? Per esperienza diretta posso dire che il sindacato si occupa di:
- 1. protestare organizzando manifestazioni
- 2. protestare organizzando scioperi
- 3. tutelare i lavoratori quando ormai è troppo tardi (contrattazione di cassa integrazione, libera uscita, altro)
- 4. unirsi al teatrino della politica essendo presente a tutti i talk show politici dicendo sempre le “solite cose”
- 5. sedersi al tavolo delle trattative senza conoscere la situazione perchè vivono al margine della vita aziendale
- 6. nelle multinazionali, tutelano diritti probabilmente minimi (conosco aziende dove se la temperatura della fabbrica è di mezzo grado sotto lo stabilito, si sciopera) e non preoccupandosi dell’insieme (le multinazionali con sindacati così attenti al dettaglio e non all’inseme non sono invogliate a portare le loro fabbriche in Italia)
Certo non è facile essere propositivi: in un momento come questo è possibile veder saltare dei diritti acquisiti e per cui si è lottato per anni, con la scusa della crisi, in men che non si dica.
Rimane però il fatto che le aziende hanno giù numerosi problemi per la congiuntura macroeconomica e hanno bisogno di qualcuno che quando si siede al tavolo della trattative parli di problemi attuali e del futuro e non si arrocchi su posizioni e idee appartenenti ad un passato che seppur glorioso (vedi le battaglie degli anni ’70) sempre passato è. Le multinazionali per essere convinte a venire in Italia hanno sicuramente bisogno di una fiscalità adeguata, ma anche di sapere che troveranno nei lavoratori e nel Sindacato un alleato e non un nemico. Altrimenti, semplicemente, mettono le fabbriche da un’altra parte.
Alcuni dei più noti leader di Sindacato.
Io penso che è una domanda a cui ogni leader di Sindacato dovrebbe cercare di rispondere, dopo aver letto i dati di cassa integrazione e disoccupazione che vi abbiamo presentato.
Intanto, domani festeggiamo i lavoratori, o perlomeno i lavoratori rimasti (passati dal 59% al 56,6% della popolazione attiva tra i 15 e 64 anni dal 2009 ad oggi) nella speranza che al 1 Maggio 2014 saremo qui a parlare di un’Italia miglior, non solo da questo punto di vista.
Inserite i vostri commenti! Ci fa piacere sentire anche le vostre esperienze e posizioni in merito. Ogni spunto può essere utile per dare un’informazione migliore e più completa!
caro Andrea, giusto e condivisibile.. ma a metà: ti focalizzi su quello stesso problema su cui tutti lo fanno, errando! in un paese in cui il lavoro ha perso dignità, denaro, produttività, investimenti, in un paese in cui polillo forgiava idea da tardo 800..e con marcegaglia e co, vai a leggerti degli studi sui veri input che hanno prodotto tali disastri e vedrai che non son certi mancate le
Grazie per il commento Marcello. Il suo commento va a toccare un gran numero di argomenti ognuno dei quali meriterebbe una trattazione dedicata. Cerco di rispondere a quello più importante. Mi spiace se ho dato l'impressione che il mio pensiero fosse solo "i lavoratori devono fare la loro parte". Io penso che la collaborazione sia la strada giusta, tanto è vero che credo nella
si si, chiaro.. però, diciamo che la moneta ha due facce e che a pagarla ora dovrebbe essere il capitale.. 🙂 cosi che giri e aumenti la domanda interna oggi ridotta ko!
Sai qual'è il problema? Che ciò di cui parliamo a questi politici interessa il giusto. <br />Se penso ai due nanetti malvagi che stanno già minacciando il buon Letta, nonostante quello che abbiamo visto domenica scorsa alle 10,30, mi verrebbe da votare il 6 stelle e non il 5, che si sta rivelando una delusione, per il mio modo di pensare la politica.<br /><br />Ma come, qui sta per scattare l
Concordo perfettamente Marcello. Se i capitali rimangono congelati cambierà ben poco.
Il capitale gira solo se disincentivi il mercato immobiliare, pianificandolo a quello tedesco. Ossia, tutto quello che hanno in mente i "puffi".<br /><br />Ma vi siete chiesti del perchè i paesi aventi il maggior numero di famiglie proprietarie siano in ordine: Grecia, Italia e Spagna? E del ruolo che giocano i tre paesi in questione all'interno dell'Europa, sotto il profilo
In secondo luogo, io sarei per alzare il minimo salariale. Questo tuttavia deve essere accompagnato da una politica protezionista, senza gridare allo scandalo, visto che il tutto sta succedendo in Usa, in Francia e soprattutto Giappone. Non vedo altre soluzioni. L'alternativa è la globalizzazione dei salari, ma soprattutto dello stile di vita. Ossia, un pugno di riso per tutti.
buon giorno e auguri: concordo… e in particolare, sull'imu, è un falso problema, io sulla mia casa pago si e no 50 euro 🙂 se poi mi tagli il sociale, con 50 euro non ci faccio nemmeno una visita medica…. cmq, ecco il mio manifesto 🙂 BUON 1 MAGGIO A TUTTI: CHE SIA UNA FESTA DEI LAVORATORI E NON AI LAVORATORI! Oggi chi lavora è giusto che si riposi e stia con le famiglie… chi non
Concordo al 1000%
Sottoscrivo e il post che ho appena fatto su Re Silvio e questo che stiamo commentando confermano quanto da te detto e quanto necessario il paese davvero FARE. Fondendo gli slogan di Giannino e di RENZI, direi FARE ADESSO!