Un altro grafico che mi ha sorpreso decisamente è quello che andremo a vedere qui di seguito:
Questo è l’andamento di lunghissimo periodo del T-Bond a 10y e i rispettivi obiettivi Elliott-Fibonacci. E’ sorprendente come siano state rispettate le tappe nel corso degli ultimi 10 anni e come sulle stesse si siano verificati segni di natura opposta al trend decennale.
Altrettanto interessante constatare come dal maggio 2012 il T-Bond stazioni sul target di 130/131, senza prendere una direzione ben precisa.
Nel grafico sopra possiamo osservare la micrografia del T-Bond, dove è ben visibile il range di movimento iniziato nel maggio 2012.
Con questo grafico, invece possiamo aiutarci meglio, osservando l’andamento del T-Bond a 30y. In questo caso il movimento non sembra affatto neutrale, bensì sembra consolidarsi verso il basso.
Risultato: i rendimenti di mercato sembrano covare qualcosa di poco gradevole. Da tempo notiamo, un deflusso di liquidità dai bond all’equity i quali si mostrano sempre molto competitivi rispetto ai rendimenti a tasso fisso attuali. Un rialzo di questi, potrebbe pertanto cambiare un pò il quadro delle valutazioni e del rischio.
Ciò potrebbe anche coincidere con i dati che abbiamo sottomano.
In questi giorni abbiamo visto, infatti, un deciso calo del tasso di disoccupazione, ormai al 7,7 contro il 6,5 desiderato dalla Fed per porre fine al QE e una creazione di posti di lavoro ben superiore alle attese.
Sempre all’interno della Fed i cosiddetti falchi, che vorrebbero interrompere le politiche quantitative non convenzionali, non sembrano più rappresentare una minoranza marginale. Per questo sarà interessante verificare il rapporto delle prossime riunioni.
Non è un caso inoltre, che il Presidente Obama, nei giorni scorsi abbia firmato senza non poca rassegnazione, la ratifica del “sequester”, in quanto a mio modesto parere, una politica più rigida sul bilancio federale, sarà una necessità, se gli Stati Uniti vorranno in qualche modo rendere sostenibile e vendibile il proprio debito.
Immaginatevi cosa ne sarebbe se la Fed si trovasse nella necessità di chiudere i rubinetti, mentre l’amministrazione Usa continuasse a snobbare il deficit di bilancio, che fino ai giorni nostri ha viaggiato al 9% o quasi rispetto al Pil.
Ad oggi il debito ammonta a circa 16.700 mld di dollari a fronte di un Pil di circa 15.700. A differenza del Giappone, inoltre, il debito non è proprio collocato all’interno. Credo che un minimo di credibilità sia necessario, per non cadere in un fuggi fuggi generale. Non credete?
Ecco che mi resta difficile, vedere ad oggi una fase espansiva di bilancio, e conseguentemente uno scenario idilliaco nel rapporto tassi/equity – debito/crescita e deficit/crescita.
Queste mie considerazioni, inoltre, trovano riscontro sui grafici, sia sugli indici azionari che obbligazionari, che da anni (a differenza di quanto possiamo pensare) stanno andando a braccetto.