Quale miglior augurio posso fare al Presidente Obama se non pubblicare una fotografia del quadro economico, finanziario e sociale degli Stati Uniti d’America?
Per molti versi la situazione evidenziata dai grafici mostra luci ed ombre, anche se quest’ultime prevalgono decisamente.
Siete invitati tutti a leggere i grafici di cui sotto, al fine di poter contribuire al dibattito sulla situazione americana.
TOTALE DIPENDENTI NON AGRICOLI
Nonostante la crescita degli Stati Uniti dopo il 2009, il totale degli occupati è ancora ben inferiore al picco del 2007.
RAPPORTO POPOLAZIONE CIVILE/OCCUPATI
Ancora più allarmante se guardiamo questo rapporto. Ad oggi solo il 59% delle persone lavora, contro il quasi 65% del 2000. Siamo quasi ritornati ai livelli del 1970, quando gli equilibri sociali erano un tantino diversi: il lavoro femminile ad esempio era minore di quello attuale, tanto per fare un esempio. Una dinamica del genere, non solo è giustificata da un assenza di lavoro, ma anche da un invecchiamento della popolazione, la quale vede un numero sempre crescente di pensionati, che a loro volta percepiscono un reddito inferiore a quello lavorativo. Un altro dato da considerare è che i nuovi entrati nel mondo del lavoro, possono scordarsi stipendi reali simili a quelli dei loro padri, vista la ricerca sempre maggiore della competitività. In questo contesto trovo matematicamente impossibile assistere ad una ripresa del mercato immobiliare, tale da raggiungere i livelli visti nel 2006/2007.
REDDITO REALE DISPONIBILE USA
Il periodo 2008/2009 ha visto la più grande discesa in termini reali del reddito disponibile. Ad oggi lo stesso non ha rivisto il picco del 2007, ma nonostante ciò il Pil si trova su nuovi massimi, sia in termini nominali che reali. Perchè? Lo vedremo dopo, intanto analizziamo il dettaglio dei redditi americani che c’è da divertirsi.
RAPPORTO REDDITI MEDI CEO/OPERAI
Questo grafico riassume molto bene l’aumento di diseguaglianze tra i manager e la classe operaia. Nel 1960 a fronte di un 1 dollaro guadagnato da un lavoratore a basso reddito, un manager ne guadagnava mediamente 100. Oggi siamo chiaramente sopra i 350 dollari. Ovviamente questo rapporto è un acceleratore esponenziale, verso una minor distribuzione di ricchezza. Sarebbe interessante pertanto, depurare il grafico precedente dai redditi dei manager, al fine di leggere l’effettiva dinamica dei redditi disponibili. Son convinto che rimarremmo sconcertati dalla diminuzione del potere di acquisto della classe media. Da una parte quindi la pressione salariale frutto della globalizzazione selvaggia, mentre dall’altra l’ingordigia della classe dirigente che non è disposta a percepire compensi più congrui.
DINAMICA AUMENTI SALARIALI
Secondo i calcoli ufficiali dal 1990 al 2005 i salari minimi reali sono diminuiti di oltre il 9%. Ovviamente lascio a voi pensare cosa sia successo negli anni successivi alla crisi. E’ chiaro che questa dinamica porta ad un tenore di vita sempre peggiore per la classe più numerosa, la quale per stare al passo ricorrerà al credito, come vedremo successivamente.
TASSO DI RISPARMIO USA
Dopo il picco della crisi, il tasso di risparmio sta diminuendo nuovamente. Ovviamente quel famoso 1% della popolazione, contribuisce a tenerlo su valori positivi. Sarei curioso di vedere dove sarebbe tale indice considerando il resto della popolazione.
SPESE REALI PERSONALI USA
Come per miracolo le spese personali reali hanno visto nuovi massimi, nonostante ci si trovasse difronte alla crisi più grave degli ultimi 80 anni. Ciò è stato possibile come vedremo ad un aumento del credito. Del resto nei consumi personali non ci sono solo gli sfizi, ma anche e soprattutto i beni essenziali per poter vivere in questa società, a partire dall’alimentazione.
CREDITO AL CONSUMO TOTALE
Ed eccoci qua al grafico di cui vi parlavo. Se da un lato il credito sui mutui sta vivendo da qualche anno una fase di deleverage, dall’altra parte quelli al consumo hanno superato ampiamente i picchi del 2007. Vorrei ricordare che il credito al consumo, ha un grado di rischio maggiore per le banche, rispetto a quelli ipotecari. Riusciranno i nostri eroi/consumatori, in un futuro più o meno lontano ad essere solvibili, vista la dinamica dei salari reali?
PIL USA
Ed eccoci qua al Pil. Gli Stati Uniti sono riusciti nell’impresa di annullare la più grossa crisi mai vista in soli 3 anni. Ma in che modo? Verrebbe da dire che il fine giustifica i mezzi, ma in questo caso ci troviamo in presenza di una materia incompatibile con questo famoso detto. Successivamente vedremo l’esplosione del debito pubblico, ben supportato dalla mano creativa della Federal Reserve. E’ chiaro che il risultato sarebbe stato un tantino diverso, in assenza di una spesa pubblica sostenuta e di un sistema bancario rifocillato, in grado di concedere nuovo credito ai “bisognosi”. Il fine è stato raggiunto, quindi, ma l’aver utilizzato mezzi non convenzionali produrrà effetti poco graditi alla platea.. Le variabili sulle quali si possono scatenare gli effetti collaterali sono numerose. Dall’inflazione alle crisi sociali, fino ad arrivare all’implosione del sistema stesso, se qualche sassolino entra erroneamente nell’ingranaggio. Tuttavia non sono io la persona adatta per profetizzare un qualcosa a me sconosciuto.
POPOLAZIONE USA TOTALE
La popolazione americana continua a crescere in modo piuttosto costante. Non ci troviamo in presenza di un Paese fra i più vecchi. Il tasso di natalità è di 14 per ogni 1000 abitanti contro gli 8 di Italia e Germania.
PROFITTI AZIENDALI AL NETTO DI IMPOSTE
Se da un lato i redditi personali non hanno rivisto il top del 2007, cosa ben diversa invece per gli utili aziendali. Le società sembrano infatti le maggiori beneficiarie della ripresa economica attuale, questo grazie ad alcuni fattori, come la delocalizzazione dei posti di lavoro, la forte domanda nei paesi emergenti e una tassazione più leggera. In passato, ad un aumento dei profitti aziendali assistevamo ad una revisione al rialzo dei salari. Nell’era della globalizzazione questa dinamica sembra venuta meno. Solo eventuali politiche sociali più protezionistiche potranno riavviare quel processo visto in passato, con effetti collaterali verso l’esterno.
PRESSIONE FISCALE (Gli Usa fra i più bassi)
Attraverso il grafico qui sotto possiamo constatare, come gli Stati Uniti, a differenza dei paesi europei, possano far leva sulle entrate fiscali, piuttosto che sulla riduzione della spesa pubblica.
Il Fmi in questi giorni ha varato uno studio secondo il quale a fronte di un risparmio di spesa pubblica di 1 dollaro, corrisponde una perdita sul Pil tra 0,9 e 1,4 dollari.
La cosa certa per gli Usa è che il deficit pubblico non può viaggiare ai livelli degli ultimi tre anni, in quanto renderebbe insostenibile il debito. Il Congresso, invece, a maggioranza repubblicana è favorevole ad un taglio della spesa. Nelle prossime settimane pertanto il nostro Obama non avrà vita facile al fine di evitare il Fiscal cliff.
E QUA VIENE IL BELLO
DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA USA (1% detiene il 34,60 della ricchezza)
Ben più efficace è invece analizzare la ricchezza finanziaria, derivante tra la differenza della ricchezza e i beni intangibili delle famiglie, quelli cioè che non possono essere smobilizzati al fine di creare la necessaria liquidità per soddisfare i bisogni, come ad esempio la casa di abitazione. E’ impressionante come nel 2010 ben l’80% della popolazione detenesse solo il 4,7 della ricchezza finanziaria degli Usa, rispetto ad un tasso medio negli ultimi 30 anni dell’8%. I dati, in questo caso sono gli ultimi disponibili, data la complicata rilevazione del calcolo. Ad oggi è impensabile ipotizzare una risalita della percentuale di ricchezza finanziaria in mano all’80% della popolazione. Piuttosto è facile constatare l’impoverimento del consumatore medio in ottica di lungo periodo. Questa condizione, oltre a rappresentare un pericolo per l’economia, non solo americana, sembra destinata a durare nel tempo, se l’amministrazione non attuerà una politica fiscale in grado di ridistribuire meglio la ricchezza. E’ curioso constatare come l’accentramento di ricchezza Usa in mano ad una minoranza inferiore all’1% della popolazione, sia secondo solo alla Svizzera.
CURVA PRESSIONE FISCALE SUL REDDITO
In questo grafico sotto possiamo osservare la curva delle aliquote fiscali sul reddito. Questa curva ha iniziato ad appiattirsi con l’insediamento di Reagan alla Casa Bianca, fino ad arrivare all’era di George W Bush. E’ chiaro che un sistema fiscale di questo tipo tende ad amplificare il divario tra le classi, aumentandone il potere per quelle più ricche, le quali potranno a sua volta influenzare la vita politica, economica e sociale del Paese. Un pò diverso da una sana democrazia. Non credete?
DINAMICA TASSAZIONE REDDITI MASSIMI
L’incidenza della tassazione per l’1% della popolazione scende ulteriormente grazie all’aliquota applicata sui dividendi percepiti, che ammonta al 15%. Pertanto uno dei provvedimenti attesi sarà una revisione al rialzo della tassa sui redditi da capitale.
DINAMICA RICCHEZZA IN MANO ALL’1% TRA USA E SVEZIA
I paesi scandinavi sono quelli più virtuosi in tema di distribuzione di ricchezza. Osserviamo in questo grafico la dinamica fra Usa e Svezia fin dal secondo dopoguerra. E’ impressionante constatare il divario creatosi a partire dagli anni ’80, e come lo stesso sia coinciso, come descritto nel grafico sopra, con l’abbassamento delle aliquote massime.
CONFRONTO TRA DISTRIBUZIONE DI RICCHEZZA EFFETTIVA/PERCEPITA e IDEALE
Per facilitare la lettura di questo grafico osservate l’area grigia, che rappresenta il 20% della popolazione. Ebbene, guardate la differenza tra la ricchezza effettiva e quella percepita dalla gente comune. In sostanza non vi è la consapevolezza di quanta poca distribuzione del reddito ci sia negli Stati Uniti. Forse, grazie alla leva del debito degli ultimi decenni, che ha permesso in qualche modo di mantenere lo stesso tenore di vita. Ovviamente, dopo l’esplosione della bolla del credito, qualcuno si sta rendendo conto dei numeri effettivi. Non credete? L’ultima riga mostra quale dovrebbe essere la distribuzione ideale, sulla base di modelli già in essere in altri paesi come quelli scandinavi.
DEBITO PUBBLICO USA IN % AL PIL
Ecco come gli Stati Uniti hanno finanziato la crescita del Pil. Attraverso un’espansione del debito, la cui dinamica ricorda quella del dopoguerra, il Pil ha superato i livelli ante crisi. Una dinamica simile ricorda quella già vista per i paesi del Mediterraneo. Sarà prioritario per Obama, ridurre drasticamente un deficit che viaggia a ritmi vicini al 9% sul Pil già da quattro anni. Come detto in precedenza, l’ipotesi più sostenibile mi sembra quella di un aumento della pressione fiscale, agendo soprattutto sulle aliquote massime, mentre la classe media si trova in una situazione dalla quale non si può chiedere assolutamente niente. Anzi forse sarebbe il caso di rivedere i salari verso l’alto.
PIL POTENZIALE NOMINALE USA
Il Pil nominale è la somma del Pil reale e l’inflazione ufficiale. Come possiamo vedere le proiezioni della Fed indicano per il 2020 un Pil di 24 mila mld di dollari contro i 16 mila scarsi attuali. In presenza di un deficit contenuto, pertanto, arriveremmo ad un nuovo riequilibrio tra debito e Pil entro il 2020. Ciò prevederebbe tuttavia una crescita media reale del 3% in presenza di un’inflazione media del 2%. Vista la situazione del debito, la necessità di riduzione del deficit, ma soprattutto il potenziale del consumatore medio americano, tale previsione la trovo molto azzardata. Pertanto sarà necessario agire sulle variabili enunciate in precedenza, ossia: leva Fiscale e redistribuzione di ricchezza, magari supportata da una dinamica salariale in grado di rafforzare i consumi. Compito arduo.
FED FUNDS
Tutti questi bei discorsi e analisi avvengono in un contesto storico particolarmente favorevole se guardiamo al livello dei tassi, ben raffigurato dal grafico sotto. Considerando le leve di debito (pubblico e privato) di cui stiamo parlando, immaginatevi voi che succederebbe in presenza di uno scenario avverso? Variazioni anche decimali, in termini dei tassi finirebbero per stravolgere completamente i parametri di rientro.
TASSI IPOTECARI
I Fed Funds a zero stanno richiamando verso il basso i tassi sui mutui. Normale quindi assistere ad un recupero marginale dei prezzi delle case, che per le ragioni già enunciate riguardo alla dinamica dei redditi avrà vita breve. Figuriamoci nel caso in cui il sistema finanziario chiedesse un rialzo dei tassi, causa magari risveglio dell’inflazione o ancor peggio aumento del rischio credito.
VALORE CASE E MUTUI IPOTECARI IN PERCENTUALE AL PIL
La linea blu di cui sotto raffigura la dinamica dei prezzi delle case, mentre quella rossa rappresenta il totale dei mutui in essere rapportata al Pil. Attualmente i mutui sono pari al 60% del Pil, contro una media storica ben più bassa. Segno questo che il deleverage è ancora in corso e che difficilmente invertirà la tendenza nel medio periodo. Ovviamente una fase di deleverage è incompatibile con una crescita sana e robusta del mercato immobiliare. Anche in questo caso preghiamo al fine di scongiurare un aumento dei tassi di mercato.
RICCHEZZA FAMIGLIE IN PERCENTUALE AL PIL
Nel secondo trim 2012 il patrimonio netto delle famiglie era pari a 62,7 mila mld di dollari, contro un max del 2007 di 67,4 mila mld. Il minimo raggiunto nel 2009 era di 51,2 mila mld di dollari. Questo dato è molto importante al fine di comprendere le potenzialità dei consumatori e per questo, caro alla Fed. Se la ricchezza delle famiglie ha ripreso a salire dobbiamo ringraziare soprattutto la politica espansiva della Banca Centrale, la quale ha innescato una rivalutazione degli asset in particolar modo di quelli azionari. Cosa ben diversa invece il voler rianimare il mercato immobiliare, sul quale le variabili che incidono sono numerose e soprattutto complesse. Come ho detto in precedenza il mercato immobiliare non presenta prospettive che possano lasciar pensare ad una rivalutazione costante e sostenuta nel tempo.
Il grafico di cui sotto descrive la dinamica della ricchezza delle famiglie in proporzione al Pil. E’ interessante notare la bolla di ricchezza formatasi durante Greenspan che era riuscito a stravolgere un equilibrio del rapporto Ricchezza/Pil che aveva sempre oscillato tra il 300 e il 350 percento. Nonostante il calo ad oggi ci troviamo al di sopra dei 400 punti. Ciò significa che la ricchezza attuale presenta un grado di produttività minore alla media storica. Detto in parole povere, siamo ancora nella fase implosiva della bolla.