Il Ferragosto è una festa che risale già dall’antica Roma, istituita dall’Imperatore Augusto nel 18 a.c. per celebrare il raccolto e la fine dei lavori agricoli, aprendo così il periodo del meritato riposo.
Con l’occasione i lavoratori porgevano gli auguri ai padroni, ottenendo in cambio una mancia.
Tale festa coincide con la ricorrenza dell’Assunzione di Maria.
Oggi 15 Agosto 2012 credo ci sia ben poco da festeggiare, a parte la ricorrenza religiosa.
I prezzi dei cereali sono quasi raddoppiati a causa di una delle più gravi siccità, i cui effetti si faranno sentire a lungo, mentre i salari scarseggiano sempre più.
Provate inoltre a fare gli auguri a Marchionne e se sarete fortunati sarete ricambiati con altrettanti saluti.
No mi rimane quindi che andare a messa.
Prima però volevo commentare il grafico pubblicato, che descrive l’andamento trimestrale del Pil dei principali paesi Ue, alla luce anche dei dati usciti ieri.
Si è fatto un gran parlare della Germania che potrebbe fare a meno di oltre 100 milioni di consumatori ad alto reddito. Guardando il grafico non direi, vista la decelerazione rispetto ad un anno fa.
Credo piuttosto che l’Europa abbia raggiunto il punto nel quale saranno necessarie misure monetarie espansive e non convenzionali, al fine di non cadere nella depressione più totale, Germania compresa.
Personalmente non mi preoccupa il dato dell’Italia se non per il contesto economico globale, che evidenzia un chiaro rallentamento. La contrazione del Pil su base annua non è peggiore di due trimestri fa, mentre spicca la costante accelerazione della Spagna, che al momento rappresenta il punto interrogativo più importante.
Sul Pil italiano incide chiaramente la manovra necessaria al riequilibrio dei conti. Sulla Spagna ancora no, in quanto i mega tagli annunciati devono ancora entrare in circolo.
In ogni caso da troppo tempo siamo abituati a focalizzare i problemi sulla vecchia Europa, senza considerare più di tanto quello che sta accadendo altrove.
Stavo leggendo sul Wsj la situazione del Giappone, che dopo essere stato leader incontrastato dell’high tech per molti anni, ha dovuto lasciare il trono alle compagnie coreane e americane.
In questi anni il paese nipponico sta subendo le piaghe del proprio modello economico rivelatosi fallimentare. La conferma arriva dalla lettura di alcuni dati come la spesa in ricerca delle principali società, scesa a livelli nettamente inferiori alle società coreane, dopo essere stata al top mondiale incontrastata.
Pertanto se prima i coreani erano considerati dei bravi produttori di copie a basso prezzo, adesso le cose sono decisamente invertite.
Basti pensare che il capo della Sony ha affermato: “meglio correre dietro i primi evitando quindi di durare più fatica prendendo il vento contrario”.
Società del calibro di Sharp o di Panasonic, che hanno fatto la storia dell’innovazione tecnologica, sono a rischio chiusura. La stessa Sony sta vivendo da tempo una delle peggiori ristrutturazioni della sua storia a causa di modelli perdenti applicati fino a pochi anni fa.
Per lungo tempo, come dice il Wsj, i giapponesi hanno pensato a sfornare oggetti tecnologici sempre più piccoli, quando altri invece, si preoccupavano di renderli più semplici, conquistando quote di mercato che tuttora possiedono saldamente.
E’ chiaro quindi che il Giappone si sta trasformando in un qualcosa che assomiglia molto a quello visto 60 anni fa, ma con qualche differenza, che non è certo di aiuto.
Debito pubblico al 230%.
Yen forte.
Prima di tutto un paese che voglia imitare il Giappone di 60 anni fa, la Corea o la Cina (magari con molte capacità in più) dei giorni nostri, dovrebbe avere un cambio che favorisca l’export, mentre il debito pubblico non dovrebbe rappresentare un cappio al collo dell’economia.
La Boj sta facendo di tutto per ottenere un cambio competitivo, ma quando ci riuscirà dovrà combattere il problema debito pubblico in modo aggressivo, anche a costo di una svalutazione senza precedenti e con inflazione galoppante. Le caratteristiche demografiche del Giappone mi invitano a pensare che il suo debito non è sostenibile.
Detto questo lo Yen è da monitorare attentamente. Giorno per giorno.
E voi vi cambiereste col Giappone? Forse solo per i tassi che paga ai risparmiatori.
Guardando alla Cina, invece non ci sono molte cose da dire, se non confermare il rallentamento in corso, segnalato dagli ultimi dati.
Ma il problema sembra essere un altro: le imprese che esportano dalla Cina fanno rientrare i guadagni solo in parte, preferendo parcheggiare il resto in valute alternative come il Dollaro. E perchè no l’Euro?
Ciò costituisce un’assenza di fiducia in un sistema che a ottobre vedrà un passaggio di consegne dopo il XIX congresso del Partito. Le incognite pertanto non mancano.
Questo potrebbe essere già di per sè una buona motivazione per pensare in favore di un afflusso di capitali verso quei paesi per troppo tempo trascurati.
Le ultime righe le dedico invece alla Corte Costituzionale tedesca. Secondo gli esperti, gli elementi per contrastare il voto parlamentare sono quasi nulli.
E’ molto probabile che dopo un verdetto positivo, la stessa metta qualche condizione avversa, vista la sua natura euroscettica.
La fortuna in ogni caso sta nell’avere il miglior governatore possibile alla guida della NOSTRA Bce.
Un saluto a tutti coloro che oggi hanno festeggiato alla notizia di uno spread tornato a 418.