Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch.
Più che le tre sorelle le chiamerei i “tre cani pastore”, in grado di spostare il gregge di pecore da una parte all’altra a proprio piacimento.
Come ben saprete le case di investimento devono attenersi a regole severe nella composizione dei propri portafogli basati appunto sui giudizi emanati dalle agenzie di rating.
Quanto accaduto oggi pertanto è quasi un obbligo per molte società, il vendere Titoli di Stato italiani.
Mi chiedo se non sia il caso di modificare queste regole, visto che nel 2007 i mutui Subprime venivano annoverati fra gli investimenti in tripla A, per non parlare di Lehman. Quindi i legislatori o ci fanno o ci sono.
L’argomento di cui voglio parlare tuttavia non riguarda le tre sorelle.
In questi giorni ognuno di noi avrà sentito parlare dell’ingente patrimonio immobiliare dello Stato, stimabile in 550 mld.
La vendita in blocco di questo patrimonio abbatterebbe di circa il 27% il debito pubblico.
Ovviamente è impensabile che lo Stato possa collocare sul mercato una cifra così ingente, questo va da sé.
La prima operazione da fare (non so se è stata già fatta, ma credo di no), sarebbe quella di costituire una società immobiliare (o più di una) sulla quale confluire il tutto e poterlo gestire in modo ottimale.
Dopo un primo collocamento, in grado di trovare una quotazione congrua sul mercato e alleggerire marginalmente il debito il passo seguente sarebbe molto semplice:
Collocare sul mercato Titoli di Stato con scadenza 5-10 e 30 anni a cedola mista così composta: 2% cash e il resto mediante distribuzione di azioni della società immobiliare.
In sostanza avremmo un titolo con cedole indicizzate, quasi un’inflation linked, ma in grado di abbattere annualmente il debito pubblico (magari comprando Titoli sul mercato ben sotto la parità) attraverso il minor fabbisogno da interessi, rispetto a quello programmato, che credo sia nella misura di un 5% abbondante.
A mio parere ciò riscontrerebbe un maggior interesse da parte degli investitori, creando i presupposti per iniziare un circolo virtuoso.
Ovviamente non ho considerato altre forme di attività o beni in mano allo Stato, destinato a snellirsi sempre più, ma questa mi sembra una delle vie più percorribili.
Ottima idea. <br />L'unica difficoltà è dare un valore alle azioni immobiliari. Quanto vale veramente la caserma dismessa? Credo che il valore delle azioni immobiliari dovrebbe seguire i movimenti di mercato e quindi essere variabile. Se la società immobiliare fosse collocata in borsa, si avrebbe automaticamente il prezzo giusto ogni giorno. E lo stacco delle cedole miste potrebbero tener
Giusta considerazione. Non sarebbe la prima società immobiliare. Avremmo anche un mercato più trasparente. In America hanno veri e propri indici per valorizzare gli immobili ai prezzi di mercato, sui quali pagano 1% di patrimoniale annua. E sono in America, la patria degli spendaccioni.
Non parliamo poi dell'ottimizzazione in termini di redditività del comparto immobiliare pubblico, in caso di una gestione finalizzata alla massima valorizzazione.