MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

In questi giorni, come tutti ormai sanno e percepiscono, si stanno decidendo le sorti dell’Euro.
Ormai, anche il mio cane sa che un’unione monetaria, come quella attuale, non ha ragione di esistere, non tanto per i meccanismi di difesa interni, quanto per la eterogeneità di visione dei vari paesi che la compongono.

A formulare teorie ormai remote, rimangono solo i politici, che si riempiono la bocca di parole del tipo “stampare moneta”, rinnegando senza freni il fiscal compact e predicando la crescita.
Peccato che certe pressioni arrivano sempre quando i buoi sono scappati dalla stalla.
Il sottoscritto già da mesi si era pronunciato sul fiscal compact: “Fiscal Compact così com’è……”
per non parlare dell’unità fiscale: “L’unica via d’uscita…….”

Come ho accennato precedentemente il vero problema dell’unione monetaria europea, va ricercata nella diversità delle varie scuole di politica monetaria all’interno dei paesi che la compongono.

La scuola di politica monetaria italiana, accentrata soprattutto sull’emissione di nuova carta, a costo di accettare un’inflazione elevata, ma che permettesse di riequilibrare i passivi commerciali, mal si sposava infatti con quella tedesca, sempre attenta invece a difendere il potere del salario, attraverso un controllo quasi maniacale dei prezzi al consumo.

Non c’è una scuola monetaria migliore o peggiore, ma la differenza fra le due è palese.

Una politica monetaria simile a quella italiana o americana si pone l’obiettivo di immettere liquidità sul mercato, qualora sia necessario, pur sapendo di creare il potenziale per una perdita salariale X sperando di poterla arginare attraverso contromisure, che quasi mai si rivelano efficaci al 100%. Per comprendere meglio, si pensi alla perdita del potere di acquisto del salario medio americano o italiano negli ultimi 30 anni. Un dato inequivocabile lo abbiamo se guardiamo all’aumento esponenziale dell’indebitamento privato, che ha colmato la perdita del potere di acquisto del salario. Non è un caso che gli aumenti maggiori del debito privato negli ultimi anni si siano registrati proprio negli Usa, in Gb, in Spagna eppure in Italia (parlo di aumento), ossia tutti paesi che hanno fatto della loro politica monetaria espansiva il loro punto di forza. Risultato: perdita del potere salariale. 

Diversa invece la scuola di pensiero tedesca, concentrata in tutto e per tutto sulla difesa del salario, attraverso un controllo maniacale dell’inflazione. Tanto per avere un’idea basti pensare a come la Germania affrontò la crisi degli anni ’70. In quegli anni il tasso di inflazione, rispetto alla media europea, era più che dimezzato. Allo stesso tempo i tedeschi trovarono meglio di altri le condizioni per conquistare competitività e rispondere alla crescita nel modo corretto. La storia dice che molti operai tedeschi in quegli anni, per un senso di lungimiranza economica e di responsabilità, rinunciarono a percepire le ore di straordinario lavorate. In sostanza aumentarono la produttività, guadagnando competitività rispetto al resto del Mondo.
La scuola di pensiero della Bundesbank ricalca in tutto e per tutto il pensiero dei tedeschi, a prescindere dalle onde elettorale che alternano la Cdu alla Spd. Qualora la Banca Centrale tedesca si candidasse alle elezioni avrebbe un consenso maggioritario notevole, lasciando al palo gli altri partiti. Questo per dare un’idea di quale sia il pensiero radicato in Germania.
Risultato: difesa del salario.

Come ben sappiamo, l’Euro è nato sotto quest’ultima scuola di pensiero, condizione necessaria affinché la Germania accettasse di aderire all’Unione.
Fin dal 1993, con la nascita del trattato di Maastricht, i paesi meno virtuosi corsero ai ripari, al fine di rimettere in sesto i propri conti, rendendoli compatibili con i parametri richiesti fino ad arrivare al 2002, quando la moneta unica andò a sostituire in tutto e per tutto le valute precedenti.

Da quel momento, molti paesi, si misero in una bella poltrona a riposare, pensando che il grosso era stato fatto e invece……eccoci ai giorni nostri……

……I problemi si sono ripresentati come un boomerang e in modo più preoccupante di prima, a tal punto che molti paesi non riescono nemmeno a finanziarsi sul mercato interno, mentre la competitività si è ridotta al di sotto dei minimi termini consentiti.

Visto a che punto siamo arrivati, sembra impraticabile per molti paesi la scelta della scuola tedesca, improntata sul rigore e la conquista della competitività attraverso una maggiore produttività con il supporto di un cambio forte.
E’ anche vero che la Germania non potrebbe mai accettare in tutto e per tutto l’applicazione dei metodi quantitativi ormai conosciuti.

Fino ad oggi la via di mezzo, si è vista attraverso l’introduzione di fondi di salvataggio e il finanziamento a lungo termine che la Bce ha concesso al sistema bancario. 

Ma la via di mezzo non è bastata, a conferma di quanto il divario tra paesi virtuosi e viziosi sia arrivato a livelli incolmabili. Se a tutto ciò sommiamo il rallentamento economico che sta attraversando l’economia mondiale possiamo renderci conto di quanto sia complicata la situazione attuale.

In questi giorni pertanto si sta accelerando lo scontro, con i paesi periferici dell’Eurozona, che stanno cercando di mettere la Germania con le spalle al muro. 
Ciò potrebbe portare quest’ultima a prendere delle decisioni ben precise. La più saggia sembrerebbe quella di una fuoriuscita della Germania, data l’incompatibilità della scuola di pensiero all’interno dell’Ue. Lo scontro maggiore ad esempio lo possiamo vedere in questi giorni con la Grecia, ma in quel caso l’esito del gioco sembra fin troppo facile.

Quello che non mi piace è il clima sociale che sta nascendo all’interno dell’Unione, in quanto sta aumentando una forma di nazionalismo anarchico che spinge verso la morte dell’Euro…..ma questo è il frutto di scelte politiche errate fatte negli anni passati.

La soluzione pertanto, che sarebbe anche il male minore, sarebbe quella di un ritorno ad un sistema monetario nazionale, nel quale ognuno deciderà a quale scuola appartenere.
Niente di scandaloso, in quanto un processo simile sarebbe ben supportato anche da quei paesi che al momento si dichiarano ostili a iniziative monetarie non convenzionali.

Guarderei piuttosto al bicchiere mezzo pieno, o meglio a quanto di positivo è stato fatto negli ultimi mesi in termini di ristrutturazione della spesa, come ad esempio il sistema pensionistico. Tali scelte sarebbero state a dir poco impossibili in assenza di una situazione di emergenza con conseguenze ancora più gravi per il futuro.

Personalmente, sarei per accodarmi alla politica monetaria tedesca, se la Merkel accettasse l’emissione degli Eurobond e soprattutto l’unità fiscale. In tal caso gli investimenti ritornerebbero in massa, anche nei paesi periferici più colpiti. La richiesta fatta da Monti sulla Golden Rule, cioè la possibilità di separare dal deficit la spesa per investimenti, se approvata sarebbe un primo passo verso l’unità fiscale. 

Una cosa è certa. I tempi si stano stringendo, basta pazientare.

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One Response so far.

  1. Vibiosextif ha detto:

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