Dopo aver visto l’esemplare comportamento tecnico dei mercati è doveroso soffermarsi sulla situazione macro, che in questi giorni sembra fornire particolari spunti. Dall’Europa alla Cina, infatti possiamo notare molte novità rispetto a qualche settimana fa.
Le notizie provenienti dalla Cina hanno carattere sia economico che politico. Ieri i dati forniti sull’indice Pmi confermano un rallentamento in atto, tuttavia ben voluto e controllato, utile a perseguire quel raffreddamento dei prezzi al consumo tanto temuto fino a qualche mese fa. Ma a riempire le prime pagine dei giornali, sono tuttavia le notizie provenienti dal partito comunista cinese, all’interno del quale è in atto un vero e proprio terremoto, definito da molti come “la più grande purga” dai tempi di Tienanmen. Tuttavia, secondo gli esperti, questa rivoluzione ai vertici, se da un lato viene letta come un rafforzamento della disciplina all’interno del partito, dall’altro lascia intravedere l’avvio di una fase di maggior liberismo.
Il prossimo ottobre, ci sarà il 18esimo Congresso del Partito Comunista Cinese, e a mio modestissimo parere, adesso si stanno delineando le linea guida principali. Da un punto di vista economico, inoltre, non credo che arriveremo all’appuntamento in presenza di uno scenario fortemente rallentato. I mezzi a disposizione del Governo per controllare al meglio la crescita sono infiniti. Lo stimolo monetario e quello immobiliare attraverso politiche più liberiste, per non parlare dei mezzi a disposizione sulla spesa pubblica fanno della Cina un paese tra i più resistenti, in un contesto di rallentamento internazionale. Ciò non significa che dobbiamo trascurare gli avvenimenti che stanno caratterizzando il contesto politico attuale. I cambiamenti non sono necessariamente negativi, ma possono costituire delle opportunità future.
Assai più fastidioso, invece quanto accade nell’Eurozona:
Ieri mi ha incuriosito veramente una pubblicità spagnola della Chiesa cattolica mirata al reclutamento di nuovi preti, stimolando la vocazione (che dovrebbe nascere dal cuore e non dal portafoglio o dalla pancia) con l’opportunità di un posto di lavoro sicuro, seppure a basso reddito.
Questo a mio modesto avviso è sufficiente per comprendere a che punto sia arrivata una buona parte dell’Europa. Ci stiamo catapultando verso il Nuovo Medioevo? Oppure ci siamo di già?
In queste ore la tensione maggiore sembra riguardare la Spagna, un Paese fra i debiti pubblici più bassi d’Europa, ma che improvvisamente deve fare i conti con gli effetti di politiche austere al limite della sostenibilità.
E’ paradossale ad esempio, vedere dall’altro lato una Gran Bretagna che abbassa la pressione fiscale sulle società portandola ai minimi storici, con un rapporto deficit/pil che supera il 7% e che non sarà in pareggio prima del 2017. Eppure il mercato sembra non preoccuparsi, mentre rimane allibito difronte ad un deficit spagnolo che si aggirerà nel 2012 al 5,5 e che dovrebbe scendere negli anni successivi.
Il passato ci ha insegnato che il mercato spesso ha avuto ragione, in merito alla sostenibilità del debito.
Il mercato adesso, infatti, ci sta dicendo che le politiche austere non hanno effetti se non quello di deprimere ancor più lo stato delle singole economie.
Sull’efficacia del “fiscal compact” al fine di ridare credibilità all’Europa, mi sono già pronunciato. Quello di cui l’Europa necessita è un’Unità Fiscale, che ancora oggi non è presente nemmeno nell’anticamera del cervello della nostra classe politica. Unità Fiscale non significa solo spesa o tasse, ma pianificazione della crescita su tutta l’Eurozona.
Le operazioni della Bce sono state solamente un tampone mirate ad evitare il peggio. Chi crede che le stesse possano servire a rilanciare l’economia sbaglia, se parallelamente non ci sarà un disegno comune accentrato maggiormente sulla crescita.
Questa mattina ho letto nel grandioso blog “Voci dalla Germania” un’intervista fatta a Maro Draghi. Dall’articolo si capisce benissimo come l’intento della Bce non fosse quello di aumentare il credito alle imprese, ma quello di salvare le “chiappe” al sistema bancario.
Da ciò possiamo capire come l’Europa sia ancora l’area più vulnerabile, a differenza di quanto visto per la Cina. Il problema sarà pertanto capire fino a quando il mercato continuerà a darle credibilità, in assenza di politiche che abbiano almeno qualche similitudine con quelle attuate da Usa e Gb.
In questi giorni ho letto molte frasi ironiche sulle preoccupazioni espresse da Bernanke per la nostra Europa. Personalmente non ci trovo niente di ironico. Chi lo è non è imparziale o non ha studiato attentamente l’economia Usa.
Evito di commentare la modifica in corso dell’articolo 18. Dico solamente che del modello tedesco non sembra esserci traccia e questo mi rattrista un pò.
Rallegratemi quindi voi con le vostre donazioni……grazie