MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!


Corrado Gini è un italiano, studioso di statistica, di economia e sociologia. vissuto nella prima metà del ‘900. Ha studiato le disuguaglianze dei redditi mettendo a punto diversi metodi il più noto dei quali è il coefficiente Gini.

Uno dei migliori indicatori per misurare la distribuzione della ricchezza. 
Esso si muove in una scala compresa tra 0 e 1 dove 1 sta a significare che tutta la ricchezza è in mano ad una persona. Pertanto più basso è l’indicatore, migliore sarà la distribuzione di ricchezza all’interno di un paese. 
Nel grafico sopra possiamo vedere (ingrandendolo) come gli Stati Uniti siano fra i paesi dove la ricchezza è concentrata maggiormente in una minoranza, mentre l’Europa è l’area nella quale, insieme al Canada e l’Australia, il patrimonio è più equamente distribuito. 
Qui di sotto possiamo invece vedere la dinamica di tale indicatore a partire dagli anni ’50.

La principale variabile che determina la dinamica dell’indice Gini è la pressione fiscale. Come possiamo vedere l’indicatore è più basso là dove la pressione fiscale è più accentuata. 


In Europa infatti, abbiamo un indice Gini molto basso, a causa di una pressione fiscale superiore al 40%, contrariamente agli Stati Uniti dove le tasse incidono per un 29% dei redditi. Interessante notare come l’indice Gini salga costantemente con l’inizio della politica di Regan. 


Da ciò possiamo capire come il margine di manovra dell’Europa sia molto limitato sotto l’aspetto delle nuove entrate, al fine di perseguire delle politiche di rientro dei deficit, cosa che invece sembra molto più agevole per gli Stati Uniti. 
Il sistema assistenziale in Europa è ben più accentuato e questo ha permesso ai paesi dell’Unione di abbassare enormemente l’eterogeneità della ricchezza. 
Impressionante come l’Italia sia uno dei paesi con il più basso indice Gini, a conferma del sistema assistenziale elevato. Minore concentrazione di ricchezza può significare spesso, maggior civiltà, ma questo non è sempre una regola.


E’ chiaro, quindi, che un paese, che viene chiamato a riordinare i conti debba agire soprattutto nella voce spese, quando esiste un sistema altamente assistenziale, in quanto far leva su nuove entrate, finirebbe per strozzare l’economia interna. 


Al contrario gli Stati Uniti sono fra i pochi che ad oggi possono permettersi di agire sulle entrate al fine di risanare i conti, riequilibrando oltretutto la curva in direzione dei paesi europei. Su questo i repubblicani sembrano essere piuttosto avversi.


Questo non significa che condanno un sistema assistenziale, anzi, tutt’altro. L’Italia è un caso anomalo, sotto il profilo del debito pubblico, in quanto la spesa, oltre che ad essere elevata è stata distribuita malamente. 
Il modello tedesco e francese, per non parlare di quello dei paesi nordici, è quello che ha dimostrato di saper  reggere a qualsiasi situazione avversa. 


L’Italia tuttavia spende un pò troppo e male, mentre la pressione fiscale dovrebbe essere distribuita diversamente, andando a premiare il lavoro e stimolando il capitale. Come?


Innanzitutto una ristrutturazione delle pensioni, che sia il più equa possibile nei confronti dei nostri partner europei. In Germania stanno alzando l’età pensionabile a 67 anni. Per quale motivo noi dobbiamo andare a 65 o a 60 nel caso delle donne? Forse speriamo che i tedeschi mettano mani al portafoglio?


Sui patrimoni invece apprezzo il sistema francese, che stimola i grossi capitali a non rimanere fermi. Faccio un semplice esempio: 
La tassa patrimoniale francese“viene applicata un aliquota progressiva compresa fra:
lo 0,55 e l’1,8% del patrimonio. 
A partire da 790mila euro e fino a 1,3 milioni si paga lo 0,55%,
 lo 0,75% fino a 2,5, 
l’1,8% è a carico di chi ha un patrimonio superiore a circa 16 milioni. 
Lo scorso novembre Nicolas Sarkozy annunciò l’intenzione di sopprimerla, il deficit di cassa lo ha convinto a soprassedere: garantisce ogni anno all’erario più di quattro miliardi di euro di entrate”. 



E’ chiaro che in questo caso sarebbe ben più difficile vedere immobili sfitti o grandi capitali immobilizzati. Il rischio infatti, a non fare niente, sarebbe quello di vedersi erodere il capitale anno dopo anno.


Ciò dovrebbe servire ad alleggerire la pressione fiscale su quelle classi che negli ultimi anni hanno subito un grave impoverimento, e che rappresentavano il pernio dei consumi interni. 


Il problema dell’Italia è la crescita, oltre ovviamente al debito pubblico. Son convinto che una buona ristrutturazione della spesa e delle entrate, sia alla base del nostro futuro.


Ma quando si mette mano all’Iva come è stato fatto qualche mese fa significa che ancora le idee sono molto distanti dalla soluzione migliore. 


Il sistema europeo, nonostante le avversità, nel suo complesso sta reggendo ad un problema che è nato negli Stati Uniti quattro anni fa. Adesso, l’unica azione che l’Europa può intraprendere è quella di uniformare il più possibile il proprio sistema fiscale e assistenziale, ma allo stesso tempo mettere la Bce nella condizione di operare con gli stessi poteri della Fed. 


La Merkel ha detto che ci vorranno 10 anni per risanare il tutto? Sicuramente se ruotiamo intorno al problema, ma non lo affrontiamo di petto, la stima della cancelliera potrebbe essere anche troppo ottimistica. 


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