Questa mattina sfogliando il Sole 24 ore, come qualche volta faccio, mi sembrava di leggere un giornale di partito. Non si offendano quelli del Sole, ma ho notato nella descrizione del problema Italia, un tono giustificativo e una certa banalità nel considerare il nostro paese immune dal fattore G (Grecia).
Il giudizio di S&P pesa sui Btp italiani, ma perdono di più i bond di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Quindi, mal comune mezzo gaudio. Personalmente ad oggi non possiamo minimamente paragonare i nostri titoli a quelli più periferici in quanto sappiamo benissimo cosa la speculazione ha preso di mira da tempo e chi invece ha risparmiato. E’ chiaro anche che la speculazione preferisce sempre iniziare a colpire dal basso piuttosto che dall’alto. Avrei quindi risaltato il fatto che la fiducia nei confronti dell’Italia sta peggiorando rispetto ai big come Francia e Germania. Punto e basta.
Degli strategist intervistati manco uno che mette in guardia, anche se gli stessi non si trovano in disaccordo con il declassamento dell’agenzia americana di rating.
La stessa S&P ha sottolineato come nel 2006, dopo aver portato il rating ad A+, avesse legato il giudizio stabile al raggiungimento del 100/101 percento del debito sul Pil entro il 2011. Ad oggi siamo arrivati al 120/121 e quindi portare il giudizio a negativo è stato un atto dovuto. Immaginatevi che canaio sarebbe successo se fossimo passati da A+ ad A? I ben pensanti invece sostengono che il giudizio negativo sia uno stimolo a far meglio.
Credo invece che le agenzie di rating (usando un gergo tennistico) abbiano il cosiddetto braccino, nel dare giudizi.
Nei giorni scorsi, leggendo le view delle principali società di gestione a livello mondiale, una in particolare mi ha colpito in tema di risanamento e di riconquista in termini di credibilità ed era riferita alle possibilità che il Portogallo aveva di non replicare il caso Grecia.
La soluzione era quella di essere CHIARI e allo stesso tempo FORTI (non a parole ma con i fatti) con il mercato.
L’errore della Grecia è stato quello di attuare manovre tampone per poi doverne fare di nuove perdendo in termini di credibilità di mercato.
Il consiglio dato al Portogallo (ma non solo) è quello di procedere in favore di una manovra drastica, i cui effetti addirittura possano rivelarsi migliori del previsto.
Tornando al caso Italia leggo tanta presunzione, ma nessuna proposta seria. Troppo distratti sugli zingari e sulle moschee, oppure a dove spostare i ministeri, piuttosto che affrontare un progetto serio.
Ci vantiamo tanto del debito privato basso? Ebbene. A che serve se il patrimonio (ben accentrato in una minoranza che sta nelle dita di una mano) non è in minima parte a disposizione dello Stato?
Che ci sia la necessità di agire e anche in fretta è sotto gli occhi di tutti. Una riforma sul costo del lavoro e sul sistema contributivo, oltre che un aumento della voce di spesa in conto capitale, potrebbe giustificare una patrimoniale anche forte, se questa servisse a riconquistare la credibilità che stiamo mano a mano perdendo. Oltretutto vi sarebbe una redistribuzione della ricchezza che per troppo tempo si è contratta. Ma qui in Italia parlare di patrimoniale è una bestemmia. Meglio agire in tempo. Quando lo chiederà il mercato sarà troppo tardi.
Un paese che cresce a questi ritmi e che si distingue dal Giappone solo per avere una bilancia commerciale negativa è destinato al fattore G, se non interviene drasticamente sugli squilibri che si sono creati negli ultimi venti anni. Il fattore G se non lo vedremo noi lo vedranno i nostri figli……altro che parlare di giudizi delle società di rating.
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