MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Oltre un mese fa, alla luce della conferenza stampa della Bce esordivo con il seguente post: Trichet non ci prende mai.

Al 19 di Aprile non posso fare a meno di constatare la fondatezza delle mie preoccupazioni, arrivando a pensare che forse, nei modelli economici della nostra banca centrale ci sia qualcosa di veramente perverso. Qualcuno giustamente, obietterà, sostenendo che di perverso c’è soprattutto il modo con il quale è stato creato l’Euro, e che il mercato, oggi, non sta facendo altro che abbattere le distorsioni createsi negli ultimi dieci anni, dagli squilibri economici, strutturali e sociali fra i vari paesi che formano l’Unione.

Qui a fianco potete vedere (cliccando sopra per ingrandire) come il Bund decennale tedesco si sia avvicinato sensibilmente alla linea superiore del trend ribassista degli ultimi sei mesi, in presenza di volumi rilevanti. Una rottura di 122,50 contrasterebbe chiaramente con una politica restrittiva della Bce. E’ chiaro che la forza del Bund è frutto delle preoccupazioni riguardanti il debito dei Piigs, che in caso di una ristrutturazione del proprio debito provocherebbero sulla liquidità sistemica gli effetti di almeno 20 rialzi dei tassi europei. Rinuncio pertanto a trovare un senso nella decisione della nostra banca centrale, consapevole che dai banchieri non mi aspetto miracoli, bensì gatte da pelare.

In ogni caso, tassi o non tassi, il mercato sembra deciso a fare la selezione utile all’evoluzione della specie finanziaria ed economica. Nel grafico a fianco potete ben vedere la dinamica dell’indice bancario europeo. Un vero disastro, se pensiamo alla reazione decisa sotto la media a 200 gg, dopo ben due tentativi di rottura falliti. Il supporto principale successivo dista circa un 10% dai livelli attuali, e la configurazione non è delle più promettenti se guardiamo alla forza comparativa rispetto all’Eurostoxx. A distanza di tre anni ci troviamo pertanto il solito incubo, le banche, le quali non sembrano aver risolto minimamente i loro problemi, bensì essere altamente sensibili al minimo starnuto di qualche Piigs o di qualche giudizio meno positivo da parte delle società di rating. Se a tutto ciò aggiungiamo la necessità dichiarata di ricapitalizzare, in un contesto di liquidità in contrazione ecco che abbiamo tutte le ragioni per drizzare le orecchie.

Situazione invece nel complesso rimediabile per l’indice Eurostoxx, che a differenza di quello bancario ha tenuto per il momento la media a 200 gg. Segno questo che al suo interno qualcosa di maggior valore, rispetto ad una banca o ad un obbligazione fantasma, è rimasto. Come possiamo vedere la tendenza è sempre compresa all’interno di un canale rialzista, la cui attendibilità è stata ampiamente confermata con il post-terremoto giapponese. Primi segnali di cedimento arriverebbero alla rottura di 2830 in quanto verrebbe confermata la rottura della media a 200 gg e successivamente sotto 2770. In questo caso resterebbe molto probabile un target di 2500. Al momento gli indicatori presentano numerose probabilità di rottura al ribasso, ragione per la quale non mi avventurerei in imprese impossibili se non prima di aver constatato la tenuta confermata del canale rialzista, che arriverebbe sopra 2930.

Piuttosto evidente l’importanza del supporto di 12150 dell’indice Dow Jones, che sembra aver reagito da un primo tentativo di rottura. Colpevole del dietrofront il giudizio negativo di S&P sul debito Usa, ma soprattutto la conferma che non ci sarà un nuovo QE dopo giugno. Personalmente ritengo che giocare d’anticipo sui mercati sia la cosa migliore, in quanto il dubbio, rende i medesimi nervosi e poco fluidi. Tuttavia non posso fare a meno di domandarmi quanto, su tale scelta abbia pesato la miglior salute dell’economia e quanto invece l’ostruzionismo politico. Se a prevalere fosse il secondo, anche per Wall Street non ci sarebbe da stare allegri.

Un grafico che mi aiuta molto a capire lo stato dell’economia reale, è l’andamento dell’indice SP500 tradotto in oro, cioè depurato della componente monetaria, visto che da tempo molti sostengono che Bernanke abbia creato ricchezza nominale attraverso la tipografia di stato. Inutile dire quale sia stata la perdita di potere reale (in termini di oro) dei mercati azionari. Anche per chi non mastica la borsa, avrà constatato la perdita di potere d’acquisto in dieci anni del proprio stipendio, grazie ad un’inflazione nascosta dai meccanismi perversi di calcolo. Ebbene anche le azioni negli ultimi dieci anni hanno subìto un impoverimento reale. Non è un caso che io prenda a confronto l’oro. Fino al 1972 vi era la parità aurea. In quarant’anni della nostra storia abbiamo avuto arricchimenti reali (1980-2000) o solo nominali (1970-1980). Ai giorni nostri stiamo vivendo un perdurare dell’impoverimento iniziato dopo il 2000. Ben visibile, come il potere reale dell’indice SP500 fosse maggiore nel 2010 rispetto ai massimi registrati poche settimane fa e come vi sia in questi giorni un ritorno verso un probabile peggioramento del ciclo.

Spero di essermi meritato il vostro contributo, almeno morale. Grazie

Categories: Anali Tecnica, banche, bce

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