A colpi di QE1 e QE2 ecco che da qualche settimana si intravedono i primi effetti di destabilizzazione sociale.
L’aumento delle materie prime, in particolare di quelle agro-alimentari, ha stravolto decisamente gli equilibri economici di quei paesi più poveri, la cui spesa privata è rappresentata per quasi il 50% dall’acquisto di beni indispensabili per la sopravvivenza.
Dall’Algeria, alla Tunisia per arrivare agli ultimissimi giorni in Egitto, i fondamentalisti, anche se operando dietro le quinte, sembrano aver sollevato di concerto il malcontento popolare, al fine di destabilizzare quei regimi, che fino ad oggi erano riusciti nel bene o nel male, a mantenere un atteggiamento amichevole con il mondo occidentale.
Non so quanto tutto questo abbia intaccato le coscienze dei policy makers.
L’unica cosa che posso affermare è che nel progetto di Bernanke o di Obama per ripianare i problemi interni, non erano contemplate le problematiche del Medio Oriente.
Per molti versi, i policy makers, senza ancora accorgersene, stanno consegnando in un piatto d’argento ai fondamentalisti islamici, le chiavi del potere, prospettando un futuro alquanto oscuro sotto l’aspetto delle tensioni geopolitiche.
I mercati finanziari hanno accusato il colpo solo con il precipitare della protesta in Egitto. Vediamo il perchè:
L’Egitto non è un paese assolutamente trascurabile sia sotto il profilo economico che geopolitico.
In termini di Pil in Africa è secondo solo al Sudafrica, mentre per dimensioni economiche può essere paragonato alla Grecia e Portogallo messi insieme.
La popolazione sfiora gli 80 mln di abitanti, superando ad esempio la Turchia, e per il 95% è di religione islamica sunnita. Il fondamentalismo è stato anestetizzato dal regime attuale, che prima con Sadat e adesso con Mubarak governa da oltre 40 anni.
Il traguardo più importante raggiunto durante questo regime è stata la riappacificazione con Israele, tanto che l’Egitto è fra i pochi stati mussulmani a riconoscerne l’esistenza, da un punto di vista politico. Spesso, la sua funzione mediatrice, ha permesso di attenuare le tensioni tra Isrlaele e paesi arabi.
Da un punto di vista economico le principali risorse sono il turismo, il gas naturale e la produzione del cotone di alta qualità, che copre il 40% del fabbisogno mondiale. Molte aziende occidentali sono presenti nel quadro economico egiziano, dal settore del cemento a quello dell’auto.
Anche se il paese non ha risorse petrolifere, riveste molta importanza in questo campo, per la posizione geografica, in quanto attraverso il canale di Suez vengono facilitiati i trasporti dal Golfo Persico all’Occidente.
Detto questo non trascurerei affatto quanto sta accadendo.
Il tutto assomiglia molto a quanto accaduto nel 1979 in Iran. I fratelli mussulmani, anche se apparentemente figurano in secondo piano, sono lì pronti a cavalcare il vuoto di potere che si verrebbe a creare con l’abbandono di Mubarak e le conseguenze sarebbero drammatiche.
Democrazia? Quale democrazia? Le proteste attuali sono il frutto della fame, di potere, ma soprattutto alimentare.
In quale democrazia può sperare, un paese che possiede il primato mondiale della mutilazione genitale femminile? Solo questo mi basta per capire quanto sia radicato il fondamentalismo islamico, forse ben più che in Iran o in Pakistan.
Il livello di tensione geopolitica è e sarà destinato ad aumentare in futuro.
Per questo credo che dobbiamo ringraziare la politica estera di Obama, ma soprattutto l’indifferenza con la quale sono stati attuati i QE, sensa pensare alle conseguenze esterne.
Arriverà il QE3? Questa volta non credo. Piuttosto come ho segnalato nei precedenti post, ci saranno venti contrari al rialzo delle materie prime, in particolare quelle alimentari. Il prezzo da pagare sarebbe troppo alto.
Pensiamo ad esempio ad altri regimi, che ad oggi controllano popolazioni superiori a 1 mld di persone che spendono l’80 percento del proprio reddito in beni alimentari.