MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

Per oggi è giornata di studio per tutti voi lettori.

Sono andato a ripescare uno studio di Makoto Itoh docente di economia presso l’Universitá Kokugakuin di Tokyo nonché Professor Emeritus dell’Universitá di Tokyo. E’ uno dei più importanti economisti giapponesi di assoluta fama internazionale.

Vi consiglio pertanto di leggerlo intensamente, in quanto, anche se scritto nel 2002 vi sono forti similitudini con la situazione attuale.

Alcune curiosità che ho tratto sono le seguenti:

L’ammontare complessivo in Giappone di valori patrimoniali dissolti per la perdita di capitale nel settore immobiliare e nel mercato finanziario raggiunse l’ammontare di un milione di miliardi di yen verso la metà degli anni ‘90, cifra che corrisponde a 2,4 volte il PIL.

Si tratta di un valore enormemente grande e devastante, se si pensa che la distruzione di capitale avvenuta negli Stati Uniti durante la Grande Crisi dopo il 1929 fu pari a “solo” 1,9 volte il PIL. L’indice Nikkei relativo a 225 titoli della Borsa di Tokyo scese dal suo picco massimo di 38915 yen alla fine del 1989 al livello di circa 15000 yen verso la fine del 1992, corrispondenti ad una perdita di capitale pari a 430 mila miliardi di yen, e dopo svariati alti e bassi, ha continuato il suo scivolamento fino al presente valore di 8300 yen.

Anche i prezzi dei terreni e degli immobili sono continuamente scesi fino a raggiungere un livello posto fra la metà ed un terzo dei valori massimi.

Per stimolare la domanda interna e alleviare le difficoltà del sistema bancario, la Banca del Giappone ha via via ridotto il tasso di interesse ufficiale dal 6% nel 1990 all’1,75 nel 1993, continuando ad abbassarlo ulteriormente fino al minimo storico dello 0,5% nel settembre del 1995, superato poi dallo 0,1% del settembre 2001.

Ma le banche non sono riuscite ad usare le facilitazioni di credito offerte della Banca del Giappone per espandere le capacità di prestito dato che il valore del loro capitale continuava a diminuire. Gli accordi di Basilea costringevano le banche a diminuire le attività detenute come prestiti per conformarsi alle regole della BRI; le banche naturalmente erano anche preda della paura che l’allargamento del credito potesse fare aumentare la quota di cattivi prestiti, quindi sempre più spesso hanno cominciato a rifiutare il rinnovo dei prestiti alle imprese loro clienti.

Dato che negli anni precedenti i clienti più importanti delle banche giapponesi erano diventate le medie e piccole imprese, le agenzie immobiliari e le imprese di costruzioni, le continue difficoltà delle banche e la conseguente restrizione del credito hanno trasmesso una forte tendenza depressiva a tutte queste attivitá, tanto che il numero dei fallimenti annuali delle imprese è rimasto sempre elevato attorno ai 14.000 nel periodo 1992-1995 per superare i 19.000 nel 2000.

Essendo più dei due terzi dei lavoratori giapponesi occupati nelle piccole e medie imprese, le tendenze depressive con l’alto numero di fallimenti sono diventate la causa principale dell’aggravamento delle condizioni del mercato del lavoro, caratterizzato da una disoccupazione costantemente in crescita.

Inoltre dopo il 1992, quando le grandi imprese giapponesi hanno accelerato la propria internazionalizzazione spostando fabbriche nei paesi asiatici vicini, è cominciata a diminuire anche l’occupazione nelle grandi industrie manifatturiere. Così il tasso di disoccupazione del paese è passato dal 2% del 1990 al 3% del 1994, a più del 4 % nel 1998 per arrivare al 5,7 % nel marzo del 2002 (percentuale che corrisponde alla cifra di 3.750.000 persone senza lavoro).

Occorre considerare che in Giappone la definizione di disoccupazione è estremamente ristretta e viene generalmente riconosciuto che le statistiche ufficiali dovrebbero essere raddoppiate per essere paragonabili con i dati ufficiali dei paesi avanzati dell’Occidente. Se le cifre menzionate dovessero appunto venire raddoppiate, il livello del tasso di disoccupazione del Giappone sarebbe peggiore di quello dei paesi occidentali più depressi. I redditi familiari dei lavoratori si sono ridotti non solo per l’incremento del tasso di disoccupazione ma anche per i tagli alle gratifiche e agli straordinari e per i salari inferiori pagati al crescente lavoro part-time.
È perciò del tutto logico che la domanda di beni di consumo sia calata pressoché continuamente nel corso degli anni 90 e degli anni seguenti, come del resto la domanda di investimenti è rimasta stagnante a causa della pressione verso il basso esercitata dall’elevata quota di capacità produttiva inutilizzata.

Tutto ciò ha impedito alle banche di eliminare i cattivi prestiti, che si sono anzi trovati riprodotti su scala allargata in una spirale di deflazione economica. Le stime sull’ammontare dei prestiti insolvibili nel 1992, riportate dal Financial Times di Londra, lo comprendevano tra i 42.000 ed i 56.000 miliardi di yen; nel 1998, secondo il Ministero delle Finanze, era salito a 76.000 miliardi di yen (pari al 12% del totale dei prestiti effettuati dalle banche) e nel 2002 sembra attestarsi sui 43.000 miliardi di yen. Alcuni esperti temono tuttavia che il valore rilevato per l’ultimo anno sia frutto di una sottostima e ritengono più vicino al vero un valore di 100.000 miliardi di yen.

La fusione degli istituti di credito a formare quattro grandi banche non è riuscita a fornire una soluzione alle principali difficoltà finanziarie dell’economia giapponese.
L’essenza della faccenda é che si é venuto ad innescare un circolo vizioso costituito da difficoltà delle banche, violento restringimento del credito per le piccole e medie imprese, peggioramento dell’occupazione e delle entrate dei lavoratori, calo della domanda di consumo, diminuzione continua del valore dei patrimoni immobiliari e dei titoli.

Come vi dicevo all’inzio vi suggerisco di leggerlo, vi assicuro che non perderete tempo, bensì arricchirete la consapevolezza di quanto sia complicata e controversa la situazione attuale. Molti errori si stanno ripetendo: dal denaro statale speso male, al clima di insicurezza ormai ben radicato nelle famiglie occidentali, alle politiche ultra liberiste che stanno aggravando la distribuzione di ricchezza.

In ogni caso questo vuole essere l’inizio di un nuovo cammino. Non sò ancora se il Giappone sarà una delle future alternative, in un Mondo finanziario e non, pieno di contraddizioni e di pericoli.

Il fatto è che questo paese ha affrontato ben prima, una crisi che altri stanno vivendo da soli due anni e mezzo. Esistono ancora non poche preoccupazioni, come ad esempio il debito pubblico, che ha superato il 200% (paragonabile comunque al 120% in considerazione di differenti metodologie di calcolo), ma non posso fare a meno di guardare ad altre opportunità, come la migliore predisposizione a cogliere i ritmi di crescita delle economie emergenti asiatiche, per non parlare della maturità raggiunta in tema di questione ambientale ed efficienza produttiva.

Per chi ha contribuito o chi vorrà contribuire al blog, cercherò di approfondire quest’area geografica che personalmente inizia ad affascinarmi. Questo non significa però che il Sol Levante stia già illuminando la strada del nostro cammino.

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4 Responses so far.

  1. Anonymous ha detto:

    Caro Andrea. Ora però, anche se poco e per poco, si è rotta al rialzo la resistenza dell'eurostoxx; e sembra che ogni problema si risolverà; tanti catastrofisti o allarmi rientrati? Sarà anche che non c'è direzione nei mercati, ma…. Sale l'oro, ma anche come dicevi i titoli di stato, mi sembra che mal si compensi con rialzi di borsa… Mi sto perdendo qualcosa?Grazie. Luciano

  2. the hawk ha detto:

    Le divergenze rialziste che avevamo visto la scorsa settimana si stanno tramutando in un cambiamento di tendenza nel breve, con la rottura di 2810 avvenuta, anche se impercettibile. Una corretta gestione del rischio dovrebbe compensare la fase di imprevedibilità vista in questi giorni. Come ho detto più volte il max dell'Eurostoxx è situato a 3044. Fino ad un mancato superamento dello stesso

  3. Anonymous ha detto:

    GRAZIE,ottima lettura; non capisco una cosa: se vi sono molti problemi da risolvere,in teoria la direzione dei mercati dovrebbe essere negativa; può essere che si stia valutando che i corsi azionari non possano comunque scendere dai livelli attuali?(o 3/4 % in meno al massimo) Vuoi per le materie prime cresciute di prezzo o per altro che non posso certo capire… Ci sono comunque mercati (come

  4. the hawk ha detto:

    Un giorno a Milano mi capitò di sentire Mark Mobius il guru di templeton, era il 2007 Di buono era che avevo tre anni di meno e che forse erano altri tempi, ma una cosa che mi impressionò fu la seguente: Noi investiamo là dove ci sono i problemi, riferendosi al colpo di stato che era scoppiato in Thailandia. In paesi dove i problemi non ci sono i mercati non sono a buon prezzo. Il fatto è che ad

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