In economia, per stagflazione (combinazione dei termini stagnazione ed inflazione) si intende indicare la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti – su un determinato mercato – sia un aumento generale dei prezzi (inflazione) che una mancanza di crescita dell’economia in termini reali (stagnazione economica).
La stagflazione è un fenomeno presentatosi per la prima volta alla fine degli anni sessanta, prevalentemente nei paesi occidentali; precedentemente inflazione e stagnazione si erano invece sempre presentate disgiuntamente. La contemporanea presenza di questi due elementi mise in crisi la teoria di John Maynard Keynes (e le successive teorie post-keynesiane) che, per oltre 30 anni, era stata la spiegazione più convincente per l’andamento dei sistemi economici, oltre che valido strumento di politica economica per i governi di paesi ad economia di mercato.
Milton Friedman, Nobel in Economia nel 1976, era stato tra i pochi a discostarsi dalle visioni keynesiane e roosveltiane e a prevedere, nei suoi due libri Capitalism and Freedom e Storia Monetaria degli Stati Uniti, l’avvento della stagflazione.
Nella visione keynesiana, la disoccupazione è causata da un livello non sufficiente della domanda aggregata, mentre l’inflazione è giustificata solo quando il mercato raggiunge il pieno impiego: a quel punto l’eccesso della domanda aggregata rispetto all’offerta aggregata, non potendo riversarsi sulla quantità reale (già massima e non espandibile), si riversa sui prezzi, incrementandoli e determinando un aumento del prodotto interno lordo nominale, ovvero dei prezzi e non delle quantità. Nella teoria keynesiana una situazione di disoccupazione non è compatibile con prezzi in aumento, ma con prezzi in diminuzione, per effetto della recessione.
La stagflazione fu così inizialmente contrastata, conformemente alla teoria keynesiana, con l’applicazione di politiche economiche inefficienti ed a volte persino destabilizzanti, improntate ad una forte espansione: gli effetti di queste scelte aggravarono, però, ulteriormente la tendenza, già presente nei sistemi economici, al rialzo dei prezzi dei beni per di più senza drastici cali della disoccupazione, come auspicato invece dai governi. Il fenomeno fu principalmente spiegato col prevalere di comportamenti di monopolio sia nel mercato del lavoro (per la rigidità dei salari), che in quello dei prodotti per la presenza di cartelli (in special modo nei mercati delle materie prime).
Focalizzate quanto scritto in rosso perchè non ci trovo la minima differenza con la situazione attuale.
Dal momento che la teoria keynesiana non era in grado di spiegare correttamente questo nuovo fenomeno molti economisti superarono l’idea keynesiana, che fino ad allora era riuscita a spiegare e giustificare validamente i fenomeni presenti nelle economie di mercato, ritornando alle convinzioni della teoria economica classica.
Lotta alla stagflazione
Una proficua lotta alla stagflazione è particolarmente complessa, in quanto per diminuire la spinta inflazionistica le Banche Centrali dovrebbero ridurre la massa di moneta circolante e, indirettamente, contenere la domanda di beni e servizi; ma una diminuzione della domanda causata da scarsità della massa monetaria non favorisce la crescita economica e quindi il rientro della disoccupazione. Rispetto agli anni ’70, oggi il fenomeno della stagflazione viene mitigato dalla mancata rincorsa prezzi/salari, ovvero ad un aumento dei prezzi, soprattutto petrolio e materie prime, non corrisponde automaticamente un adeguamento inflattivo delle richieste salariali che vengono condizionate dalla possibilità per le imprese di esportare sempre di più la produzione in paesi che hanno un costo del lavoro nettamente inferiore.
Dopo aver analizzato (spero in modo esauriente) la possibilità di uno scenario di stagflazione passiamo ad un’analisi sintetica dei mercati, con i quali si possono già dimostrare pericolosi segnali in merito alle tensioni sulle materie prime, nonostante il basso livello di produttività.
PETROLIO: nella precedente settimana il Wti ha superato di slancio la resistenza posta a 75 dollari. Fino ad oggi i target sono stati rispettati con precisione millimetrica. Le ragioni di tanta forza sono da ricercare a mio parere nel livello di produttività più elevato (su questo non ci sono dubbi) rispetto a tre e sei mesi fa e dagli acquisti dei paesi emergenti in particolare di Cina e India. Non dobbiamo tuttavia trascurare il fatto che sul petrolio, secondo molti studiosi, ci stiamo avvicinando al famoso picco massimo e che la qualità estratta produce sempre meno distillati di qualità. Per avere una conferma di questo basterebbe leggere la forza del prezzo della benzina rispetto al petrolio. Da un punto di vista puramente tecnico esistono numerose possibilità di raggiungere i 100 dollari e per questo sconsiglio vivamente di avventurarsi in operazioni speculative volte ad un ridimensionamento del prezzo.
ORO: come possiamo vedere dal grafico anche questo metallo ha superato resistenza molto importanti. Enormi possibilità di vedere il target di 1140.
SP500: e le borse? Questo è il grafico dell’indice americano. Il rialzo è ormai giunto al 50% del ribasso subito negli ultimi due anni. Non credo che ci siano molto margini di crescita. Target 1120? Preferisco non scommettere su margini così risicati.
Nella speranza che le ore passati davanti al computer possano aver aiutato il lettore a comprendere al meglio la situazione, chiedo qui il vostro impegno nella diffusione di questo blog.
Grazie in anticipo