MoneyRiskAnalysis – Borsadocchiaperti

S'ode un grido nella vallata. Rabbrividiscono le fronde degli alberi, suonate le campane, il falco è di nuovo a caccia!

La famiglia Tetraodontidae comprende 185 specie di pesci d’acqua dolce e salata, conosciuti comunemente come pesci palla. Sono diffusi nella maggior parte delle acque tropicali. Pur non essendo un ottimo nuotatore per via della rigidità del proprio corpo, il pesce palla non risulta oggetto di predazione poiché dotato di due particolari sistemi di difesa: è in grado di ingurgitare rapidamente grandi quantità di acqua, diventando molto grande e difficile da inghiottire anche per predatori di grosse dimensioni; inoltre la sua carne contiene un veleno molto potente, la tetradotossina, una neurotossina che inibisce la funzione respiratoria, portando rapidamente alla morte. In Giappone, Paese dedito al consumo di questa pietanza, si riscontra ogni anno un elevato numero di casi d’intossicazione e/o di morte dovuto al consumo di questi pesci; ciò accade poichè le istituzioni locali rilasciano il nulla osta alla sua preparazione solo a cuochi esperti che abbiano seguito appositi corsi di apprendimento delle tecniche di separazione delle carni dalle parti velenose: tuttavia alcuni locali propongono ugualmente la portata ai clienti, mettendoli in pericolo.
Il mondo finanziario di questi ultimi mesi ha molte similitudini con il pesce palla. Depressa da un black-out economico che dopo andremo a vedere con alcuni grafici, l’alta finanza cerca di gonfiarsi il più possibile onde salvarsi la vita, inglobando cash che altrimenti non troverebbe alternative di rendimento, sperando in tempi migliori, che sicuramente non arriveranno a medio termine. Perchè non arriveranno tempi migliori nel medio termine? Semplice: la matematica non è un’opinione. Un’economia come quella attuale che si è basata principalmente sull’iperconsumo è destinata a rimanere delusa nei prossimi anni, per il semplice fatto che il potere di acquisto delle famiglie non consente di mantenere il ritmo antecedente la crisi immobiliare. Ormai siamo entrati in un ciclo di deleverage del debito privato, necessario per il riequilibrio dell’economia reale. Nel precedente articolo ho parlato del disimpegno delle banche. La durata del deleverage privato non durerà mesi, bensì anni. In questa settimana abbiamo visto un proseguimento della fase positiva dei mercati, che non è stata sufficiente a far scattare quei segnali convergenti, utili ad intervenire con acquisti (seppur timidi). L’anomalia in ogni caso va ricercata soprattutto nella correlazione positiva del mercato azionario con quello dei bond a lungo. Questa è la conferma che gli investitori si stanno dirigendo là dove c’è un rendimento (sicuro o no) che altrimenti non troverebbero sugli investimenti sicuri come i tassi a breve. La fame di rendimento pertanto aumenta, e così molti investitori preferiscono cibarsi della cosa più appariscente e golosa, ossia il pesce palla, piuttosto che cercare di trovare alimenti nutrienti, meno sazianti, ma comunque più sicuri. A proposito di tassi a breve, questa settimana abbiamo visto un’altra anomalia: i Bot a tre mesi hanno raggiunto un rendimento netto negativo, mentre quelli annuali non raggiungono lo 0,5. Questo deve far riflettere. Non credo che miss massaia 2009 sia corsa in banca a prenotare Bot a questi rendimenti, piuttosto è facile pensare che sia rimasta affascinata dai rendimenti a 6 mesi dei mercati azionari o da qualche obbligazione strutturata legata a reddito variabile, presentata dall’impiegato di turno. In realtà credo che la grande domanda di debito pubblico a breve provenga da investitori istituzionali, i quali preferiscono non tenere la liquidità in banca, remunerata sicuramente a un tasso ben più alto. Il fatto che proprio gli istituzionali non si fidino del sistema bancario deve far nascere almeno qualche interrogativo.
In queste settimane molti politici (visto che ci avviciniamo alle elezioni politiche in Germania) e banchieri si sono ben gongolati sul fatto che i dati che stanno arrivando confermano la fine della recessione. Dobbiamo considerare però che tutto questo (lo ripeterò all’esasperazione fino a che non sarà il contrario) è il frutto di massicci interventi pubblici che inevitabilmente stanno penalizzando i conti di ogni singolo Stato e che prima o poi si riveleranno dei boomerang letali, se non saranno ben gestiti. Grazie a questi interventi, come possiamo vedere dal grafico di cui sotto, la produzione industriale ha rivisto una crescita, che sta avvenendo da livelli decisamente bassi. Per farsi un idea il calo della produzione industriale è stato tale da riportare l’indice della produzione industriale al di sotto dei minimi del 2002. I ritmi di caduta della produzione industriale hanno superato quelli degli anni settanta, ma secondo me il dato preoccupante va ricercato nel fatto che precedentemente non si erano mai raggiunti nuovi minimi rispetto alle precedenti recessioni, cosa che questa volta è avvenuto. Immaginiamoci cosa sarebbe stato senza gli interventi pubblici: forse non bastavano i paragoni con gli anni trenta.
Grafico della produzione industriale americana

Dai grafici in basso possiamo osservare come il comparto tecnologico abbia attenuto la caduta della produzione industriale. In particolare il settore dei semiconduttori si è rivelato quello più robusto. Questo significa che se proprio volete mangiare il pesce palla vi conviene andare da un ristorante autorizzato dallo stato giapponese al fine che possa eliminare tutte le tossine letali. In questo caso il rischio di morire dimiuirà sensibilmente, ma sarà comunque presente.

Qui sotto invece riporto i grafici relativi ai consumi. Il crollo è evidente in particolare sui beni durevoli, ma la cosa ha interessato anche beni necessari per la vita di tutti i giorni come il cibo, l’abbigliamento etc. Unico settore di spesa in controtendenza quello della difesa e dello spazio, ovviamente estranei alla volontà dei consumatori. In generale il crollo è stato devastante. Un risollevamento degli stessi è strettamente collegato alle esigenze di deleverage precedentemente descritto, per non parlare della durata degli incentivi statali che non sarà infinità. Forse la migliore ipotesi che uno può preventivare per i prossimi tre anni è quella di una stabilizzazione del sistema su livelli poco superiori agli attuali. Eventuali ricadute invece, finirebbero per creare nuovi allarmi, in particolare sul sistema finanziario che ad oggi sembra scontare una risoluzione più rosea del futuro economico.

Grafici dei consumi in America


ANALISI TECNICA
In questa settimana l’indice Eurostoxx ha messo a segno un rialzo del 3,5%. Stanno emergendo tuttavia divergenze ribassiste piuttosto importanti che si annullerebbero in caso di rottrua di 2850 (chiusura di venerdì a 2831). Il supporto più importante al momento viene indicato a 2740, mentre gli indicatori della scorsa settimana si trovano ancora in posizione di attesa.
GRAFICO EUROSTOXX 50

Ma la cosa che voglio far vedere questa settimana è la correlazione nel lungo periodo dell’indice SP500 con l’andamento del crosso Dollaro/Yen. In questi giorni si è materializzata la preoccupazione di vedere segnali di rafforzamento dello Yen nei confronti del Dollaro. Questo rappresenta un segnale di instabilità evidente. Lo Yen addirittura ha guadagnato terreno sull’Euro (anche in questo caso abbiamo una correlazione interessante).
Da grafico possiamo notare come l’andamento dell’indice SP500 segua il cross dollaro/yen ritardando alcune volte la partenza o in alcuni casi amplificando. Da giugno assistiamo quasi ad una correlazione inversa la quale sembra essere l’eccezione che conferma la regola. In questi giorni lo Yen è sceso sotto il pericoloso livello di 91,60, mentre il prossimo target è a ridosso di 88. Yen forte in poche parole significa atteggiamento difensivo da parte di investitori istituzionali, ma soprattutto rientro di capitali da Usa verso Cina e Giappone. Il rialzo della borsa americana da giugno, pertanto, sembrerebbe costruito più dal suo interno piuttosto che da un contesto internazionale. Forse Wall Street è pilotato dalle grosse banche? Esiste più di una probabilità.
Confronto tra SP500 e DOLLARO/YEN

In Usa il numero delle banche fallite in questo anno è salito da 89 della scorsa settimana a 91. Questa volta è toccato a Corus Bank il cui asset era pari a 7 mld di dollari.

Categories: Scenari

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